LIBRI- Abduallahi An-Na’im, Riforma islamica. Diritti umani e libertà nell’Islam contemporaneo (Laterza, 2011)
Nina zu Fürstenberg 30 agosto 2011

L’intento riformatore di Abdullahi An-Na’im, dal punto di vista metodologico, è quello di esporre la shari’a al confronto con il diritto pubblico liberale, il diritto costituzionale e lo Stato secolare, temi che si intrecciano inevitabilmente con la questione dei diritti umani.

Il tentativo di uno Stato islamico moderno può tradursi in un sistema in cui pratiche illiberali e crudeli nel nome della shari’a sono all’ordine del giorno, com’è accaduto in Sudan: An-Na’im lo ha vissuto con orrore sulla propria pelle quando il suo maestro Mahmoud Mohamed Taha è stato giustiziato per apostasia nel 1985 a causa del suo approccio riformista alla shari’a.

Il giurista sudanese non vuole fare sulla shari’a un’operazione cosmetica; al contrario vuole rendere evidenti i passaggi del Corano che non sono compatibili con i diritti umani o con una visione umanistica della società proprio per sottolineare la necessità di una riforma interna alla legge islamica stessa. An-Na’im sostiene che se i musulmani comprendessero la totale incompatibilità di alcune parti della shari’a con i diritti umani e una costituzione moderna, sarebbero propensi ad ammettere che ci vuole una via di uscita da questo vincolo insostenibile: si tratta di collocare determinate pratiche – ad esempio le pene corporali – nel contesto storico in cui sono state modellate e applicate, dato che alcuni provvedimenti si adattano a un tempo e a un luogo e non ad altri.

La shari’a è per An-Na’im un prodotto della mente umana e come tale è immersa in un costante processo di adattamento. La prima mossa da fare è quella di individuare i versi del Corano contraddittori tra loro e con i diritti umani universali; una volta selezionati tali passaggi, la loro interpretazione andrà modificata rispetto alla tradizione dogmatica, perché non coincidono con il vero messaggio dell’Islam: solo accettando il fattore umano dietro i testi sacri è possibile avviare una riforma.

La proposta di An-Na’im per garantire il necessario equilibrio tra modernità e legittimità islamica, tra fede e liberalismo, si basa sull’applicazione dell’antico metodo giuridico del naskh, che permette di abrogare alcuni versi del Corano e della Sunna e di metterne in evidenza altri. L’autore, inoltre, sviluppa ulteriormente la teoria di Taha secondo la quale l’Islam ha un «primo» e un «secondo » messaggio, quello della Mecca e quello di Medina, che sono molto diversi tra loro. Pubblicato in America nel 1990, con il titolo Towards an Islamic Reformation. Civil Liberties, Human Rights and International Law, questo saggio aiuta a familiarizzare con il pensiero di An-Na’im, ma anche con quello del suo maestro Mahmoud Mohamed Taha.

L’introduzione all’edizione originale di John O. Voll è stata ampliata, nella versione italiana, da quella di Danilo Zolo, che mette in evidenza come il libro sia in grado di offrire le basi intellettuali per reinterpretare completamente la natura e il senso del diritto pubblico musulmano. Stando a Zolo, non si tratta di un tentativo di integrazione fra pensiero occidentale e islamico, né di prendere le parti tra modernisti secolari da un lato e fondamentalisti musulmani dall’altro. Sul finire dell’introduzione, tuttavia, Zolo avanza una serie di critiche e osservazioni sulle colpe di America e Israele che non appartengono al pensiero di An-Na’im e non sono trattate nel suo libro.

Leggi la recensione del libro di Amina Wadud Il Corano e la donna. Rileggere il Testo sacro da una prospettiva di genere (Effata’ Editrice, 2011)