Gholamali Khoshroo, già viceministro degli esteri iraniano sotto la presidenza di Mohammad Khatami ed editor dell’Encyclopedia of Contemporary Islam, spiega quali sono a suo avviso le condizioni per il dialogo tra est e ovest, tra mondo musulmano e Occidente. “L’Occidente deve cambiare atteggiamento e i musulmani devono rimettersi alle norme della democrazia…è necessario superare il luogo comune secondo il quale secolarismo significa democrazia e islamismo dittatura.” Abbiamo intervistato Gholamali Khoshroo durante i nostri Istanbul Seminars, ai quali ha partecipato con una relazione sul dialogo tra est e ovest e un messaggio da parte dell’ex presidente Khatami
Khaled M. Abou El Fadl, UCLA (Parte 1/2)2 dicembre 2013
“Più gli esseri umani si sforzano di esplorare, di stabilire e di implementare i principi della giustizia, della dignità umana, della libertà e della resistenza all’oppressione, più essi si avvicinano alla volontà di Dio. Per questo motivo essere uno sostenitore della Shari’a dovrebbe in primo luogo voler dire essere un difensore dei diritti umani e della democrazia” spiega Khaled Abou El Fadl, docente di diritto islamico e studi islamici presso l’Università UCLA. Guarda la seconda parte del video
«La categoria dell’immigrato è inventata da e per la parte meno abbiente della società, e gli immigrati sono infatti “inventati” per fungere da capri espiatori di problemi di cui non sono responsabili», spiega il sociologo francese Alain Touraine in questa video-intervista a Resetdoc. «Oggi in Europa, inoltre, la principale preoccupazione non sembrano essere quanti provengono dai Paesi arabi – aggiunge – ma dall’Est Europa».
(Se non riuscite a vedere il video, potete visitare la nostra pagina YouTube)
“L’islam è stato usato e politicizzato, e questa è una prova del fatto che la mancanza di uno stato secolare metta in pericolo la natura stessa dell’islam” spiega Zaid Eyadat, docente di scienze politiche presso la Jordan University intervistato durante i nostri Istanbul Seminars. Dapprima, il cosiddetto Messaggio di Amman, da lui promosso insieme ad altri intellettuali riformisti, ha stimolato il dialogo e la discussione tra numerosi studiosi e pensatori musulmani intorno alla possibilita’ di una riforma nell’Islam, poi le primavere arabe hanno dato il via a importantissimi cambiamenti nella regione. Ora, l’esigenza di una riforma e’ rivendicata anche da molti di coloro che sono scesi in piazza.
Stefano Allievi, Università di Padova8 maggio 2012
L’Europa è attraversata dal risentimento e da tensioni reciproche in reazione alla crisi economica, a quella demografica, e soprattutto al cosiddetto “Altro”, oggi spesso identificato con i musulmani. Eppure, se vogliamo l’integrazione effettiva delle minoranze, dobbiamo comprendere che il conflitto stesso è una solo una fase – benché necessaria – del processo di integrazione. In questa fase, il conflitto scivola facilmente su un terreno di “scontro tra civiltà”: noi/loro, amico/nemico ecc. ed è per questo che occorre agevolare il dialogo tra gli attori coinvolti nello scontro. Infatti, non bisogna dimenticare che il conflitto è un processo dinamico, nel quale abbiamo a che fare con altri attori sociali che, come noi, proprio grazie al conflitto possono cambiare il propri atteggiamenti e la propria visione del mondo. Ne abbiamo parlato con Stefano Allievi, Sociologo dell’Università di Padova, durante l’edizione 2011 degli Istanbul Seminars organizzati da Reset Dialogues.
“Se uno Stato dichiara di essere islamico e impone una determinata visione dell’islam, nega di fatto la libertà di dissentire da essa. Ecco perché serve lo Stato secolare”, sostiene Abdullahi an-Na’im, studioso di diritto e di giurisprudenza islamica. Resetdoc lo ha intervistato durante l’edizione 2011 degli Istanbul Seminars.“La shari’a è uno sforzo umano di comprendere il divino, ma rimane pur sempre umano. Per questo ciascun credente è responsabile della propria comprensione del testo”, spiega il Professor An-Na’im. Ed è per questo che, come chiunque altro, “ogni musulmano ha bisogno dei diritti umani: libertà di credo e di associazione, libertà dall’oppressione, ma anche diritto al dibattito, al dissenso e alla contestazione, e può soltanto supporre quale sia il significato del messaggio, nessuno può avere una pretesa di verità assoluta su cosa sia la shari’a”.Infatti, “nella tradizione intellettuale islamica il concetto di shari’a veniva inteso come ‘zanni’, cioè come supposizione, e questo era un bene”, sottolinea il filosofo sudanese-americano, “perché la certezza tende inevitabilmente all’autoritarismo, all’oppressione e al dominio degli altri, da parte di chi è ‘certo’ di possedere la verità rivelata. E, anche dal punto di vista logico, la possibilità di essere musulmano, la possibilità stessa della fede richiede la possibilità di non credere: se non sono libero di credere, la mia credenza non ha alcun valore. Per questo motivo, creare le condizioni in cui io abbia la libertà di credere o di non credere è indispensabile alla possibilità di essere musulmano. Lo Stato deve essere secolare, in modo che io possa essere musulmano per convinzione, e non per imposizione.”
Fuat Keyman, Istanbul Policy Center23 dicembre 2011
Il processo di integrazione Turchia-UE e le istituzioni dell’Unione Europea hanno aperto spazi per permettere alle persone, in particolare i curdi, di lottare per i propri diritti e per la propria libertà nel loro paese. In questo modo, dietro alla relazione tra uno stato e l’altro, percepiamo l’importanza del processo di integrazione europea per paesi terzi. Ma in che modo questo processo influenza la questione curda, o “multiculturale” interna alla Turchia? E come sarà possibile recuperare la relazione tra Turchia e Unione Europea. Resetdoc lo ha chiesto a Fuat Keyman politologo turco e direttore dell’Istanbul Policy Center alla Sabanci Univerity.
Un film di Nikolai Eberth
Il sociologo indiano Irfan Ahmad spiega che gli sforzi femministi di una giovane generazione di donne musulmane, educate e moderne si esprimono soprattutto attraverso la riappropriazione e la reinterpretazione del Corano e delle tradizioni legate alle disposizioni del Profeta. Ahmad ha studiato l’evoluzione del discorso sulla donna nel movimento neo-fondamentalista indiano Jamaat-e-Islami. Ne parla con Resetdoc in occasione degli Istanbul Seminars 2010.
“Oggi sembra che in seno al mondo musulmano l’idea dell’accettazione della laicità sia estremamente remota. È come se l’insieme della società, sulla base di profonde convinzioni, rivendicasse una certa forma non dico di teocrazia, ma senz’altro di moralizzazione della vita pubblica”. Le parole di Abdou Filali-Ansary, direttore dell’Istituto per gli studi delle civiltà musulmane all’università Aga Khan di Londra. Direttore e fondatore della rivista marocchina di libri “Prologues”, è autore di numerose opere sulla tradizione riformista nel mondo islamico, tra le quali L’Islam est-il hostile à la laïcité? (2002) e Réformer l’Islam? - Une introduction aux débats contemporains (2003). Ha partecipato agli Istanbul Seminars 2011 conclusisi poche settimane fa.
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