immigrazione
  • Abdullahi An-Na'im 13 marzo 2012
    “Se uno Stato dichiara di essere islamico e impone una determinata visione dell’islam, nega di fatto la libertà di dissentire da essa. Ecco perché serve lo Stato secolare”, sostiene Abdullahi an-Na’im, studioso di diritto e di giurisprudenza islamica. Resetdoc lo ha intervistato durante l’edizione 2011 degli Istanbul Seminars.“La shari’a è uno sforzo umano di comprendere il divino, ma rimane pur sempre umano. Per questo ciascun credente è responsabile della propria comprensione del testo”, spiega il Professor An-Na’im. Ed è per questo che, come chiunque altro, “ogni musulmano ha bisogno dei diritti umani: libertà di credo e di associazione, libertà dall’oppressione, ma anche diritto al dibattito, al dissenso e alla contestazione, e può soltanto supporre quale sia il significato del messaggio, nessuno può avere una pretesa di verità assoluta su cosa sia la shari’a”.Infatti, “nella tradizione intellettuale islamica il concetto di shari’a veniva inteso come ‘zanni’, cioè come supposizione, e questo era un bene”, sottolinea il filosofo sudanese-americano, “perché la certezza tende inevitabilmente all’autoritarismo, all’oppressione e al dominio degli altri, da parte di chi è ‘certo’ di possedere la verità rivelata. E, anche dal punto di vista logico, la possibilità di essere musulmano, la possibilità stessa della fede richiede la possibilità di non credere: se non sono libero di credere, la mia credenza non ha alcun valore. Per questo motivo, creare le condizioni in cui io abbia la libertà di credere o di non credere è indispensabile alla possibilità di essere musulmano. Lo Stato deve essere secolare, in modo che io possa essere musulmano per convinzione, e non per imposizione.”
  • di Elisa Pierandrei 19 luglio 2011
    Un’ondata di sbarchi dalla Tunisia sta travolgendo l’isola di Lampedusa, la porta del Mediterraneo sull’Europa. Sono oltre 20 mila, infatti, i giovani tunisini (per la maggior parte con un’età compresa fra i 17 e i 35 anni) che hanno deciso di lasciare la propria patria, dopo le rivolte che a gennaio hanno costretto l’ex presidente Ben Ali a fuggire in Arabia Saudita. In 23 anni di regime, il raìs ha soffocato ogni speranza di costruire un futuro migliore in patria fra i giovani tunisini che adesso approfittano di una vigilanza meno serrata sulle coste per salire su barconi fatiscenti e tentare lo sbarco in Italia. Troppo spesso incuranti del fatto che si tratta di un viaggio più incerto del futuro della nuova Tunisia.
  • Elisa Pierandrei 1 giugno 2011
    Una tiratura di 20mila copie distribuite gratuitamente a Milano, dove si trova la sede della redazione, e in altre 6 città del centro e nord Italia. Il mensile MiPais (www.mipais.it) rappresenta una novità nel panorama delle riviste cosiddette etniche distribuite in Italia: è specializzato nella politica e nell’economia del Sudamerica – come pochi altri del genere – e si propone come mezzo per l’integrazione. È scritto in lingua spagnola ad eccezione di uno o due articoli in ogni numero che sono in italiano, come quelli che trattano di turismo e che mirano a far conoscere al pubblico nostrano le bellezze del Sudamerica. A seguire questo progetto nato nel 2005, da qualche anno c’è un giovane cileno con il pallino del marketing e dell’editoria, Ricardo Quiroga, in Italia con la sua famiglia.
  • Albena Azmanova 18 maggio 2011
    Per essere competitivi in un mondo globalizzato, moltissimi paesi hanno cominciato a deregolamentare e a liberalizzare l’economia, lo Stato ha rinunciato ampiamente alla propria responsabilità per le politiche economiche, e i cittadini sono divenuti interamente responsabili per la propria sopravvivenza. Qual è la relazione che intercorre tra la xenofobia crescente, alimentata da politiche della paura sempre più diffuse, e l’insicurezza economica che attraversa il mondo di oggi? In occasione degli Istanbul Seminars, ResetDOC ha intervistato la politologa Albena Azmanova.
  • La stilista Elena Cristina Toma intervistata da Elisa Pierandrei 8 giugno 2010
    Vi presentiamo il marchio Toma: scarpe, borse e altri accessori in pelle che raccontano la storia di un sogno cominciato lontano, oggi diventato realtà. Dietro a questa preziosa collezione (i materiali sono pitone, lucertola e coccodrillo), c’è una giovane stilista romena, Elena Cristina Toma, 32 anni, approdata a Milano più di 10 anni fa per studiare moda. Dopo la scuola, un ingaggio alla maison Krizia, dove ha acquisito sicurezza e competenze. Poi tre anni fa la decisione di sfidare le proprie capacità professionali lanciando in Italia, uno dei mercati più competitivi al mondo nel settore delle calzature, un marchio che porta il suo nome. Il 20 maggio scorso ha ricevuto a Roma il ‘MoneyGram Award’ nella categoria giovani imprenditori in Italia, che premia l’eccellenza delle aziende gestite da imprenditori stranieri, soprattutto per la capacità di adattare al nostro paese competenze proprie di altre realtà lavorative.
  • Alan Travis (The Guardian) intervistato da Marco Cesario 11 maggio 2010
    «I conservatori hanno attaccato i Lib-Dem sulla loro proposta di varare una sanatoria sugli immigrati. Ma ci sono altri nodi come la riforma elettorale, l'euro, il deficit, la tassa sui super-ricchi». Alan Travis, redattore capo del servizio affari interni del Guardian, analizza con ResetDoC il risultato elettorale britannico e l'ipotesi di un governo tra liberali e conservatori.
  • Elisa Pierandrei 20 aprile 2010
    Vincere un campionato italiano con una squadra di stranieri. E’ successo al Milan Kingsgrove Cricket, un club le cui due squadre sono formate per lo più da giocatori provenienti da Pakistan, Sri Lanka e India, Paesi in cui questo sport è molto popolare. Nato nel 2003 in Lombardia, il club “meneghino” (una cinquantina di tesserati) nel 2009 ha vinto il torneo cadetti (under 19). I suoi giocatori sono tutti dilettanti e si guadagnano da vivere facendo i portieri o le pulizie nei palazzi di Milano. Non fa eccezione nemmeno il suo capitano e allenatore, Kamal Kariyawasam, 51 anni, un cingalese che giocava nella nazionale under 19 del suo Paese, e che è immigrato in Italia nel 1981, in cerca di lavoro. Alla fine ha ottenuto la cittadinanza per meriti sportivi. Mancano però’ ancora gli sponsor e la squadra non ha un campo tutto suo dove ospitare le partite da giocare in casa (si allenano ogni venerdì sera in uno dei campi della Palestra Saini di Via Corelli prendendo in prestito il campo della squadra di baseball). Quest’anno, per la prima volta ha iscritto una squadra in serie A. A guardar bene, però, il Kingsgrove Cricket non è un’eccezione, semmai la regola in questo sport. Le sue squadre multietniche sono già la norma in Inghilterra, Australia o Sudafrica.
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