“Le culture e i popoli sono sempre in via di trasformazione ma condividono una memoria e una storia comuni. I confini tra le culture sono attualmente in fase di ridefinizione, anche a causa del capitalismo globale. A volte tendiamo a esagerare alcuni aspetti delle cosiddette “civiltà” e delle loro supposte identità. Per esempio spesso si crede che una “civiltà” rimanga la stessa con il passare dei decenni e dei secoli, ma questo non è vero. Oppure crediamo che le civiltà, o anche le nazioni, siano internamente omogenee, come se non avessero al loro interno quelle divisioni e complessità proprie di tutti i gruppi umani. Una nazione non è definita dal fatto che tutti i suoi cittadini abbiano lo stesso punto di vista su tutto, e certamente l’occidente non è interamente definito da un insieme di punti che raccolgono il consenso di tutti. Che cos’è la letteratura europea? Ci sono Shakespeare, Racine, Goethe, Dante, Holberg…tutti meravigliosi, ma sono tutti Euopei allo stesso modo? Goethe leggeva il poeta persiano Hafez, e senza questa lettura non avrebbe mai scritto il West-östliche Divan. La cultura à fatta così, oltrepassa i confini” spiega il filosofo ghanese-americano Kwame Anthony Appiah, che abbiamo intervistato durante i nostri Istanbul Seminars. Guarda la prima parte dell’intervista: “L’identità come scelta”Leggi la voce “Onore” del Lessico interculturale scritta da Appiah
Un film di Nikolai EberthIntervista di Nina zu Fürstenberg