“Perché Mousavi non sarebbe un secondo Khatami”
Farian Sabahi intervistata da Sara Hejazi 14 May 2009

Chi sono i candidati alle elezioni presidenziali in Iran, e qual è il loro background politico?

I candidati di cui si parla maggiormente in queste settimane tra i riformatori sono due, Mehdi Karroubi e Hossein Mousavi, mentre dal fronte dei radicali si presentano Mahmoud Ahmadinejad e anche Mohsen Rezai.

Iniziamo dal primo riformatore, Mehdi Karroubi.

Karroubi ha 72 anni, porta il turbante bianco, è stato presidente del parlamento. In queste settimane tenta di corteggiare i giovani, che rappresentano una parte forte dell’elettorato, facendosi per esempio vedere con un rapper iraniano, un musicista zirzamin, underground, col rischio di perdere il consenso di quel ceto più tradizionalista, secondo il quale la musica sarebbe proibita dall’islam ortodosso. Lo slogan di Karroubi è cambiamento; non in realtà come lo intende il presidente americano Barack Obama, quanto piuttosto in senso teologico e metafisico: il cambiamento che è citato nel Sacro Corano (verso 55 della Sura 29, in cui si fa riferimento alla manifestazione divina come continua trasformazione, ndr).

E l’altro candidato riformista, Mousavi?

Mousavi ha 67 anni, è di formazione architetto e attualmente è presidente dell’Accademia di belle arti. E’ stato primo ministro al tempo dell’Ayatollah Khomeini, dal 1981 al 1989, cioè per tutto il periodo della guerra Iran-Iraq e quando ancora esisteva questa carica. Il presidente della Repubblica era allora l’attuale Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei. E’ importante sottolineare come Mousavi abbia quindi in passato già maturato l’esperienza politica col leader supremo; da allora però egli è rimasto fuori dalla politica per ventanni, e questo sembra essere il suo punto debole: il suo avversario del fronte riformatore, Karroubi, lo ha criticato in quanto politico sconosciuto al largo pubblico, cosa che non gli permetterebbe di avere le carte in regola per candidarsi alle elezioni.

E poi c’è l’attuale presidente, Mahmoud Ahmadinejad…

Ahmadinejad è in testa ai sondaggi. E’ più giovane degli altri, ha 52 anni, e quindi in un certo senso è più vicino anche al presidente americano Barack Obama. Ahmadinejad rappresenta un’altra generazione, ha maturato un’esperienza molto importante nelle Guardie della Rivoluzione (un corpo militare fedele alla Guida Suprema, ndr) e quindi ha il consenso di quella che è di fatto la classe emergente, che si è insinuata nella tradizionale alleanza tra Bazari e Ulema. Ha ottenuto il sostegno esplicito di 14 partiti “principalisti” (fedeli ai “princìpi”, i più conservatori, ndr), anche se è difficile parlare di partiti in Iran, sarebbe più opportuno parlare di gruppi e fazioni. E anche la definizione principalista lascia il tempo che trova perché le identità in Iran dal punto di vista politico sono più “liquide” di quanto si possa pensare. Il fatto che questi gruppi abbiano espresso il proprio sostegno ad Ahmadinejad è molto importante, perché indica che dietro a questo consenso si cela in realtà il consenso della Guida Suprema Ayatollah Khamenei. Un importante tema emerso in queste settimane è l’età del voto. Ahmadinejad ha chiesto al parlamento di abrogare la legge che abbassa l’età per votare dai 18 ai 15 anni, con il pretesto che questo sarebbe il regalo più bello per i giovani iraniani. L’elettorato giovane è la chiave di volta delle elezioni, ma il parlamento iraniano ha bocciato la proposta di legge.

E’ possibile fare un confronto tra Khatami, ex presidente della repubblica dell’ala riformista e Mousavi, il candidato dello stesso fronte? Quali sono le differenze e quali i punti che li accomunano?

Khatami ha avuto la possibilità di esprimersi per otto anni, è un membro del clero, indossa il turbante nero, che indica la diretta discendenza dalla famiglia del profeta; imparentato anche con la famiglia di Khomeini, è un uomo di regime, così come anche Mousavi, e nessuno dei due è un volto nuovo per l’establishment. Mentre però Khatami ha una formazione filosofica, ha maturato esperienza in Germania nel Centro Islamico di Amburgo, ha promosso il dialogo di civiltà, improntandolo ad una vera e propria reinterpretazione della religione, il punto di forza di Mousavi è il fatto che ha maturato un’esperienza negli anni ottanta in campo economico, ed è riuscito a traghettare l’Iran fuori da quella crisi che era soprattutto economica e che precedeva la fase di ricostruzione post-bellica in Iran a partire dagli anni Novanta.

Per quanto riguarda Khatami, l’Iran ha incontrato anche profondi problemi sotto la sua presidenza: l’ex presidente non ha difeso gli studenti nel 1999, tantissimi esponenti della società civile hanno creduto nella primavera di Teheran e sono finiti in carcere proprio in quegli anni, si pensi a Shirin Ebadi, Mehrangiz Kar, Shahla Laheji ecc. Questi ricordi sono ancora vivi, mentre, come detto prima, Mousavi è sconosciuto al grande pubblico, non porta il turbante – e questo potrebbe essere un punto a suo favore – ma bisogna ricordare che il presidente della Repubblica è solo uno dei tanti elementi della complessità politica del paese; è vero che ha una serie di prerogative, ma, se decide di fare delle riforme, il Consiglio dei Guardiani può sempre impedirglielo, così come ci sono altri apparati che il presidente della repubblica non riesce a controllare.

Nelle scelte politiche che faranno, i giovani iraniani durante le elezioni saranno influenzati da ciò che si dice e che succede al di fuori dell’Iran?

Quello che succede fuori dall’Iran è molto filtrato dai mezzi di comunicazione locali: si parla di tv via satellite, si parla di internet, ma solo una piccola parte della popolazione ha accesso a questi mezzi. Detto questo, gli iraniani hanno uno spirito fortemente critico nei confronti delle autorità, come hanno dimostrato gli ultimi cento anni di storia iraniana; l’isolamento internazionale pesa enormemente sulle scelte politiche. I giovani hanno grosse difficoltà ad ottenere borse di studio all’estero, e oggi come seconda scelta guardano più a Oriente che a Occidente. Emigrano in India, Malesia, Giappone.

 

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