Barack Hussein Obama potrebbe diventare il primo presidente nero nella storia americana. Questo non sarà l’unico primato se vincerà la grande sfida contro il repubblicano John McCain. C’è un altro importante primato connesso alla sua eventuale elezione alla Casa Bianca: Obama è figlio di una coppia mista, la madre è un’americana del Kansas e il padre è un musulmano di origine keniota. E’ quindi figlio di un immigrato.
Si è spesso parlato del sogno americano, in cui contano di più le aspirazioni, il lavoro, il merito e il riscatto personale, e non la provenienza geografica o le radici religiose e culturali. Ebbene, il caso di Obama ne è davvero la più grande espressione. Rivolgendo lo sguardo a casa nostra, ci viene spontaneo domandare: nel futuro non lontano dell’Italia, vedremo un figlio di immigrati diventare Presidente della Repubblica (come nella vicina Francia di Nicolas Sarkozy), Presidente del Consiglio o almeno semplice ministro?
Partendo dalla realtà attuale, le premesse non sono incoraggianti. Occorre ricordare che più di mezzo milione di figli di immigrati, nati nel Belpaese o qui arrivati da piccoli, non hanno la cittadinanza italiana. Il precedente governo non ha fatto in tempo ad approvare una legge a loro favore e l’attuale esecutivo non ci pensa minimamente. Così vengono esclusi in nome di una norma crudele, lo ius sanguinis, e vengono condannati ad essere italiani con il permesso di soggiorno.
Sarebbe utile citare la vicenda di Mario Balotelli, la stella nascente dell’Inter e forse della futura Nazionale di Marcello Lippi. Nato a Palermo da genitori ghanesi e poi affidato da piccolo ad una famiglia bresciana. “E’ stato umiliante – ha rivelato il giocatore-, ho vissuto questa situazione come una grande ingiustizia e ne ho sofferto. In questo tempo non ho mai avuto un documento che attestasse che io sono italiano”. Balotelli non ha potuto giocare con la Nazionale under 21 e aspetta di diventare maggiorenne per chiedere la cittadinanza.
La mancata concessione della cittadinanza non è l’unico ostacolo, purtroppo ce ne sono molti altri. Prendiamo l’esempio della scolarizzazione dei figli degli immigrati, considerata una questione vitale e strategica per l’integrazione in USA, Canada, Francia, Germania e nei paesi scandinavi. In un recente rapporto del Ministero della Pubblica Istruzione, si legge che nell’anno scolastico 2006-2007, il numero di alunni “non italiani” ha superato 500 mila unità. Nel 2011 si raddoppierà, raggiungendo un milione di unità.
Quali sono i suggerimenti per rispondere a questa grandissima sfida demografica, politica, sociale e culturale? In Italia si sono avanzate proposte inquietanti di introdurre le quote nelle scuole per figli di immigrati! Sono sempre di più i genitori italiani che decidono di cambiare scuola al proprio figlio quando cresce il numero di compagni di origine straniera, temendo l’abbassamento del livello di istruzione. Oggi è davvero eccessivo e difficile immaginare un Obama Italiano: un nero, di origine musulmana, figlio di immigrati che sale al Quirinale o entra a Palazzo Madama (per giunta a due passi dal Vaticano!). Quindi, cosa ci resta? Aspettare l’Italian dream!
Amara Lakhous, scrittore e antropologo italo-algerino. Residente a Roma dal 1995. Autore di “Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio”, e/o, 2006.