La banca britannica Northen Rock è stata nazionalizzata. Obama e Hillary sono contro il NAFTA (il North American Free Trade Agreement). Il Congresso americano si oppone ai nuovi accordi di libero mercato con la Colombia e con la Corea del Sud. L’Europa affronta il successo elettorale di forze regionali, come la Lega Nord. L’India ha posto un bando sulla esportazione del riso non basmati. Appena il 28% degli americani concorda sul fatto che la globalizzazione sia un bene. Il “Wall Street Journal” scrive che “Il mondo non è più piatto come una volta”. La globalizzazione è in crisi?
No di certo. Ogni volta che si verifica una flessione in una economia importante, si discute sempre sul ruolo del commercio. È accaduto molte volte in passato. La Northen Rock non c’entra nulla con la questione della globalizzazione. Obama e Hillary Clinton hanno sì criticato il NAFTA, ma solo a denti stretti, e lo staff di Obama ha chiarito che Obama lo stava facendo solo per pura tattica elettorale. Il Congresso si oppone a nuovi accordi di libero mercato, ma ciò vuol dire, semplicemente, che ulteriori passi in avanti verso la liberalizzazione del mercato saranno posticipati per alcuni anni. Ciò non minaccia affatto il progresso che si è avuto fino a ora.
Crede ancora che i vantaggi della globalizzazione superino gli svantaggi? C’è una via praticabile per spiegare alle persone che la globalizzazione è un bene?
Non so di alcun paese, nella storia, che abbia prosperato senza essere ben disposto al mercato, all’acquisto e alla vendita sui mercati internazionali. Dunque sì, i vantaggi hanno un peso estremamente più rilevante degli svantaggi. Credo che il modo migliore per argomentarlo è richiamare l’attenzione sull’aumento di prosperità in così tanti paesi. Non importa se un paese sia o no aperto al mercato, il punto è che non tutti riescono allo stesso modo, o nello stesso periodo. Chi critica la globalizzazione è di solito davvero infuriato per una qualche afflizione che gli impedisce di prosperare. Ma conviene molto più dare la colpa dei propri problemi agli stranieri, che cercarsi le ragioni in casa.
Nell’Occidente i prezzi sono in crescita. È colpa della globalizzazione?
Dal 1995 al 2005, la globalizzazione è andata determinando una caduta dei prezzi, e c’erano molti prodotti a disposizione. Adesso, grazie all’eccesso di denaro nei mercati emergenti, si ha una inflazione guidata dai prezzi in crescita di cibo e di energia. Allora sì, la globalizzazione è una delle ragioni per le quali abbiamo condiviso prima la diminuzione dei prezzi, nel passato, e ora il loro aumento.
I dazi contro i prodotti cinesi possono costituire una soluzione?
I dazi contro i prodotti cinesi non farebbero che aumentare i prezzi, aumentando così l’inflazione. Per di più, sarebbe anche un’azione illegale rispetto alle leggi del WTO, che noi europei abbiamo aiutato a costituire.
Impedire l’ingresso della Cina al WTO, nel 2001, è stato un errore, come il nuovo Ministro italiano della economia, Giulio Tremonti, sostiene?
Non vedo alcuna prova del fatto che sia stato un errore. La Cina ha abbassato le barriere del proprio mercato più di ogni altro paese in via di sviluppo. Ha un notevole surplus di mercato, ma è stato determinato dalla sua bassa valuta e il suo alto tasso di risparmio, nessuno dei quali avrebbe potuto essere regolato dal WTO.
L’immigrazione sembra spaventare gli europei, forse più degli americani (il conservatore John McCain è a favore dell’immigrazione). Per quali ragioni? Può esserci globalizzazione senza immigrazione?
L’America è stata da sempre in paese di immigrati. È così che è stata fondata. I paesi europei tendono a cambiare opinione al riguardo con maggiore frequenza, in base a quanto si sentano forti, o deboli. Ma i paesi europei ebbero molta immigrazione, e ne trassero benefici. Persino il presidente francese, Nicolas Sarkozy, è figlio di un immigrato.
La Cina mostra che non necessariamente la globalizzazione porta la democrazia?
Non sapevo che qualcuno avesse affermato che la globalizzazione porta la democrazia. Il fatto chiaro è che, fino a ora, tutti i paesi ricchi del mondo sono passati alla fine dalla dittatura alla democrazia nel momento in cui i loro cittadini sono diventati più ricchi, e hanno preteso più diritti. A ogni modo, i paesi hanno scelto la democrazia quando i loro cittadini erano più ricchi di quanto non siano oggi i cinesi. Così, anche se ciò non rende inevitabile l’adozione della democrazia da parte della Cina quando i suoi cittadini diventeranno ricchi, vuol dire che non dovremmo sorprenderci o allarmarci del fatto che non abbiano ancora preteso la democrazia.
Obama è un protezionista? Tra Obama e McCain, chi, in qualità di presidente, sarà probabilmente più vicino alla causa del libero mercato multilaterale?
McCain crede chiaramente e con convinzione nel libero mercato. I segnali dicono che anche Obama è per il libero mercato, ma è probabile che sia più prudente al riguardo. Comunque, il vero fattore di influenza su questo argomento sarà il Congresso, non il presidente.
In Italia, i conservatori vogliono che l’Alitalia rimanga italiana nonostante stia fallendo, e la Lega Nord è fortemente contraria all’immigrazione. Il più importante teorico conservatore italiano, il ministro Tremonti, ha appena scritto un libro che critica la globalizzazione. È un fenomeno solo italiano, o la destra occidentale sta diventando progressivamente anti-globalizzazione?
Alitalia è il tipico caso di nazionalismo, misto alla pressione regionale da parte della Lega Nord su Malpensa. I conservatori sono spesso contro l’immigrazione. Non penso che le tendenze anti-globalizzazione appartengano alla destra. Ci sono anche persone di sinistra che la osteggiano.
Nel suo libro lei scrive che l’Asia sta attraversando la sua “più profonda ed estesa integrazione”, che noi stiamo assistendo alla “vera creazione dell’Asia”. Questa può essere una opportunità per il mondo occidentale, o è solo una minaccia?
È certamente una opportunità. In passato, ogni volta che altre regioni del mondo si sono sviluppate (come fece l’America tra il 1850 e il 1950), l’Europa ha beneficiato della crescita del mercato dovuta alla prosperità. Lo stesso può e dovrebbe essere vero per l’Asia. Oggi, i principali beneficiari della crescita asiatica sono gli esportatori tedeschi.
Traduzione di Giuseppe Martella