Alla fine del mese di marzo il parlamento afghano ha approvato una legge che obbliga le mogli ad avere rapporti sessuali con il marito, e vieta loro di cercare lavoro, istruirsi, uscire di casa o farsi visitare da un medico senza aver prima ottenuto il permesso del consorte. Tale legge affida inoltre la custodia dei figli esclusivamente ai padri e ai nonni. La notizia ha subito provocato la condanna della politica e della società civile occidentale, che si sono impegnate direttamente per ottenere dal presidente afghano Hamid Karzai la cancellazione della legge, che va letta come una ennesima concessione nei confronti del fondamentalismo islamico (in questo caso sciita, perché la normativa è valida per il diritto di famiglia dell’etnia hazara).
Al dibattito internazionale ha partecipato attivamente anche Resetdoc. Abbiamo infatti ospitato sul nostro sito l’appello alle autorità afghane di Emma Bonino, vicepresidente del Senato italiano, già ministro e commissario europeo, e abbiamo contribuito alla raccolta delle firme. L’iniziativa non è sfuggita a Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio italiano e ex vicepresidente della Convenzione per il futuro dell’Europa, che ha anch’egli firmato l’appello. Sul principale quotidiano finanziario italiano, Il Sole 24 Ore, Amato ha segnalato il nostro impegno all’interno di un articolo in cui ha preso spunto dalla questione della legge afghana per interrogarsi sul rapporto tra Occidente e mondo islamico (un tema che lo ha visto in prima fila anche come ministro degli interni del governo Prodi).
Amato “chiama” gli intellettuali moderati
Vicende come quella della “Shia Family law” possono provocare una “pericolosa divaricazione” tra i due mondi, e proprio per questo – ha scritto Amato – serve che non tacciano i musulmani non radicali, quelli “che in questi anni hanno espresso posizioni volte a modernizzare l`Islam, cogliendo in esso tutto ciò che porta alla pace e non alla guerra, all`eguaglianza fra gli uomini e non all`inferiorità degli infedeli, al rispetto dei diritti, in primo luogo delle donne, e non alla loro cancellazione”. Amato ha fatto due nomi in particolare, quelli di due punti di riferimento dell’Islam europeo: il teologo egiziano Nasr Hamid Abu Zayd, che insegna in Olanda, e il filosofo svizzero Tariq Ramadan, docente a Oxford.
Amato ha mostrato di apprezzare la loro abitudine a lavorare sulle interpretazioni dei testi sacri, a ragionare da dentro la logica musulmana: “Mi rendo perfettamente conto che gli intellettuali islamici cosiddetti moderati non potrebbero mai convincere i loro correligionari, se per dialogare con noi, buttassero a mare i testi sacri e ne criticassero le interpretazioni fondamentaliste, facendo si percepire come estranei occidentalizzati”. Ora, però, secondo Amato “si tratta di prendere le distanze, si tratta di dire, da islamici rivolti ad altri islamici, che il ritorno dell`Afghanistan su posizioni talebane nei rapporti familiari e di coppia non risponde al Corano, anzi lo viola e risponde invece alla esasperazione dì una cultura arretrata nella quale non ci si deve più riconoscere”. “Se silenzi vi fossero, ne dovrei per forza desumere una delle due cose seguenti – ha concluso – O che il Corano è effettivamente la fonte di tale concezione e lo è anche per suoi interpreti più illuminati; o che questi stessi interpreti non hanno il coraggio di dire quello che pensano e allora io non posso più assumerli come miei interlocutori”.
Il filosofo di Oxford, d’altronde, era stato chiamato in causa proprio qualche giorno prima – come ha ricordato lo stesso Amato – da parte del vicedirettore del Corriere della Sera Pierluigi Battista. Il 2 aprile Battista, che già altre volte aveva polemizzato con Ramadan e con chi in Europa cerca di legittimarlo come islamico moderato, aveva duramente criticato la timidezza degli occidentali verso “lo sfregio dei diritti” compiuti nel mondo islamico: “Non è stato detto nulla e non si dirà nulla perché ogni parola di critica e di protesta sarebbe apparsa come un attentato al ‘dialogo’, o addirittura come la manifestazione proterva di un colonialismo culturale inaccettabile”.
“Del resto Tariq Ramadan, un intellettuale che incomprensibilmente gode fama di ‘ponte’ culturale tra il mondo occidentale e l’ islamismo, ha scritto sul ‘Riformista’ che la pretesa di far ‘accettare’ ai musulmani l’ omosessualità ‘rivela un nuovo dogmatismo’, oscuramente alimentato da non meglio precisate ‘lobby’ e addirittura non privo ‘di un qualche sentore coloniale antico persino xenofobo’. Fossero state pronunciate (anche in una formulazione più tenue) da qualche esponente del mondo cristiano – aveva scritto Battista – ci sarebbe stata una sollevazione energica contro un esempio arrogante di omofobia clericale. Ma le ha argomentate un leader intellettuale del fondamentalismo islamico, e dunque la prudenza del silenzio prevarrà anche in questo caso, come per gli stupri legalizzati in Afghanistan”.
La replica di Abu Zayd
Su sollecitazione del direttore di Reset Giancarlo Bosetti, Nasr Hamid Abu Zayd ha deciso di intervenire, di rispondere a Amato proprio attraverso il nostro sito. Abu Zayd ha risposto da un punto di vista teologico. Prima ha sottolineato la distanza che passa tra il Corano e la sharia, un insieme di interpretazioni coraniche risalenti al Medio Evo. Poi ha ricordato il ruolo della donna nel Corano, il rispetto mostrato dallo stesso Maometto nei confronti delle sue mogli: “Il matrimonio è presentato in termini di serenità e di amore reciproco; marito e moglie si completano. Sono una cosa sola”. “La sharia, in definitiva, non è che un’interpretazione storica del Corano espressa secondo norme medievali a cui il Corano stesso si oppone – ha concluso il filosofo egiziano – Il problema e la sfida che si pone oggi ai musulmani è di riconoscere, rispettare e attuare, in una società quale è quella moderna in cui l’uguaglianza, la libertà e i diritti umani sono la regola, l’assoluta parità così come è stabilita nel Corano al più alto livello”.
Aspettando Tariq Ramadan
E Tariq Ramadan? Finora non ha ancora risposto, ma sicuramente lo farà agli Istanbul Seminars di Resetdoc (30 maggio – 5 giugno 2009), dove influenti intellettuali arabi, israeliani, americani e europei discuteranno anche quest’anno dei rapporti tra Oriente e Occidente. Tra i tanti ospiti ci saranno Nasr Abu Zayd, Giuliano Amato, Andrew Arato, Benjamin Barber, Seyla Benhabib, Mustafa Ceric, Nilüfer Göle, Ramin Jahanbegloo, Avishai Margalit, Nadia Urbinati e Michael Walzer.