Articolo tratto dal quotidiano l’Unità dell’11 novembre 2009
Durante un talk show su Canale 5, Daniela Santanché ha definito il profeta Maometto «pedofilo». Non è la prima provocazione e non sarà l’ultima, purtroppo. Offendere un miliardo e passa di musulmani non conta nulla, l’importante è non finire nel dimenticatoio dei media. L’obbiettivo primordiale: soccorrere una carriera politica in affanno. Quello della Santanché è un giudizio gravissimo perché affronta una questione prevalentemente storica (Maometto ha vissuto 14 secoli fa) senza nessuna contestualizzazione.
È indiscutibile che la pedofilia sia la violenza peggiore perché colpisce bambini indifesi. Tuttavia nel caso di Maometto, è necessario riflettere sul matrimonio precoce e tentare di capire il sistema delle alleanze nelle società tradizionali. Tale fenomeno era una consuetudine ben diffusa, non riguardava solto il mondo musulmano, ma molte altre realtà. Mia madre si sposò nel 1953 a 16 anni, quindi minorenne. Dovrei considerare mio padre pedofilo?!
Negli ultimi anni, abbiamo visto spesso la Santanché in tv, parlare soprattutto di gossip: raccontare le sue vacanze estive in costa Smeralda con l’amico Briatore, fare propaganda a favore della chirurgia estetica, difendere il diritto delle deputate a portare i tacchi nelle aule parlamentari, ecc. Nonostante tutto questo, è riuscita a costruirsi la fama d’esperta delle questioni dell’Islam. Ora discute del velo, ora delle moschee, ora della guerra santa. In realtà continua ad essere un’orientalista fai da te perché non possiede le conoscenze basilari per dare pareri sensati su una religione complessa come l’Islam. In Italia, ci sono veri esperti, seri e competenti, però non vengono mai invitati nei talk show perché non hanno le physique du rôle per fare spettacolo, ossia divertire il pubblico televisivo.