Il Cairo, Egitto
L’Italia rappresenta il secondo mercato, dietro agli Stati Uniti, per le esportazioni egiziane, e il quarto fornitore della Repubblica araba d’Egitto nel mondo, dopo Stati Uniti, Cina e Germania. “Il sistema dei rapporti andrà avanti anche senza le persone”, ha ribadito, cercando di risultare rassicurante, il premier uscente Romano Prodi, visibilmente commosso durante la tre giorni della missione italiana di sistema in Egitto, dall’8 al 10 aprile scorsi. Ma i discorsi concilianti di imprenditori, banchieri, industriali italiani – la delegazione, guidata da Confindustria, ABI e Ice, e accompagnata dal ministro per il Commercio internazionale e le Politiche europee, Emma Bonino, e appunto dal primo ministro uscente Romano Prodi, includeva circa 250 persone – non hanno scalfito la diffidenza di giornalisti e operatori economici egiziani, complice la delusione per il mancato vertice bilaterale che si sarebbe dovuto svolgere a Roma a fine gennaio.
L’evento, di portata storica, era stato annullato in extremis a causa della caduta del Governo Italiano. “E chissà quando e se verrà fissato di nuovo”, chiedono ora i giornalisti egiziani ai colleghi italiani, con scetticismo. E con altrettanto scetticismo, almeno nelle prime ore dopo il voto in Italia, i commentatori non hanno usato mezzi termini nel riportare i risultati: così, il 14 aprile, il corrispondente da Roma del primo canale televisivo egiziano annunciava lapidario “il ritorno al potere della destra italiana, ostile agli arabi e ai musulmani”. Con il passare dei giorni i toni si sono via via smorzati e grande enfasi, sempre sulla stampa filo-governativa, è stata data agli auguri rivolti dal presidente Hosni Mubarak a Berlusconi. Poco interessati gli organi dell’opposizione, impegnati a seguire la grave crisi economico-sociale che ha investito l’Egitto negli ultimi mesi. Negli editoriali pubblicati dai periodici nei giorni successivi alle elezioni, l’attenzione si è poi concentrata sempre più sulla scomparsa dei piccoli partiti, il fair play di Walter Veltroni nel riconoscere la sconfitta senza esitazioni, l’exploit della Lega Nord.
Ma giudizi e previsioni sono sospesi, “dato che la formazione di governo non è ancora pronta”, riferisce a ResetDoc Amr El Shobaki, politologo del Centro studi politici e sociali Ahram del Cairo, editorialista per il quotidiano El Masri El Youm (L’Egiziano oggi). El Shobaki avrebbe dovuto seguire il vertice bilaterale di Roma per la testata indipendente. “I tempi si stanno allungando, gli osservatori arabi attendono di sapere chi avrà la responsabilità degli Affari esteri”, sottolinea il ricercatore. Il timore è che, dopo due anni di forte impegno italiano sulla scena mediorientale, Roma faccia un passo indietro in Libano e, ancor di più, riprenda posizioni apertamente filo-israeliane. “Ricordando gli orientamenti politici dei precedenti mandati di Berlusconi, sono poco ottimista per il ruolo italiano nel processo di pace (fra israeliani e palestinesi, ndr)”, aggiunge lo studioso, riservandosi però di commentare più approfonditamente una volta nota la lista dei ministri. Prima di ‘fasciarsi la testa’, al Cairo si aspetta dunque di capire quanto potere darà “il miliardario magnate dei media” (Al Ahram Weekly) alla Lega Nord “pro-federalista e anti-immigrati” (Al Dustour, La Costituzione).