Fa discutere la conversione al cattolicesimo di Magdi Allam, intellettuale musulmano laico, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera e polemista che negli ultimi anni ha assunto posizioni sempre più dure nei confronti dell’Islam radicale e dell’Islam tout-court. Fa discutere, in Italia e nel mondo, non tanto per l’atto in sé (in una società democratica e liberale ognuno ha il diritto di credere nella religione che preferisce), quanto per le modalità della conversione, e per l’evidente significato politico che queste modalità hanno assunto.
Magdi Allam, nato al Cairo nel 1952, si è laureato in Sociologia all’Università La Sapienza di Roma. E’ divenuto noto al grande pubblico grazie agli articoli scritti per la Repubblica dopo l’11 settembre, e a libri in cui ha aiutato l’opinione pubblica italiana a comprendere il fenomeno del terrorismo islamico (come Diario dall’Islam, del 2002). Passato al Corriere della Sera nel 2003, ha via via spostato l’obiettivo delle sue polemiche verso l’Islam in sé, attirandosi le simpatie della destra e le critiche della sinistra (registrate soprattutto in occasione del lancio del suo ultimo libro, Viva Israele, che ha generato un dibattito cui ha partecipato in prima linea la nostra rivista Reset).
Allam si è convertito al cattolicesimo sabato 22 marzo, alla vigilia di Pasqua. Colpisce l’altissimo profilo del battesimo, impartito da papa Benedetto XVI in persona, durante la veglia pasquale in San Pietro. Colpisce che Allam, nell’articolo con cui il 23 marzo ha spiegato le ragioni della sua conversione, sia tornato ad attaccare l’Islam, “fisiologicamente violento”. La questione è molto delicata, perché se da un lato il giornalista è ormai tra quelli che infiammano il conflitto tra le civiltà piuttosto che aiutare il dialogo, dall’altro è da anni vittima delle minacce dei fondamentalisti islamici. Minacce che lo costringono a muoversi con la scorta e che sono destinate a intensificarsi ora che Allam ha abbandonato ufficialmente la religione di Maometto per passare al cristianesimo (l’apostasia è un “peccato” gravissimo per i fondamentalisti, punibile con la morte, come dimostra il noto caso dell’afgano Abdul Rahman).
Le perplessità della stampa internazionale
Il cammino di Allam verso il cattolicesimo è stato lungo e tormentato, ed era forse anche intuibile tra le righe di molti degli articoli da lui scritti negli ultimi anni, dove la critica alla società e alla religione islamica si è sviluppata parallelamente a prese di posizioni neoconservatrici in politica estera, a smaccate lodi verso Benedetto XVI e a iniziative politicamente controverse (l’invito ai musulmani a fare il presepe, la manifestazione per i cristiani in Medio Oriente, il sostegno a senso unico a favore di Israele). La notizia della conversione è stata ripresa dai principali media internazionali, soprattutto grazie a un lancio dell’agenzia Associated Press, che ha definito Allam “il più noto musulmano d’Italia, scrittore iconoclasta che condanna l’estremismo islamico e difende Israele”. Hanno ripreso la notizia il sito della Bbc, del New York Times, del Washington Post, e poi l’agenzia francese Afp, il quotidiano spagnolo El Pais e l’israeliano Yediot Aharonot.
Neanche alla stampa internazionale sono sfuggite alcune importanti implicazioni “politiche” di questa conversione. Così l’agenzia Reuters, ripresa anche dal quotidiano francese Le Monde, ha ricordato come Allam abbia a suo tempo difeso “il discorso del Papa nel 2006 a Ratisbona, in Germania, che molti musulmani avevano percepito come un’immagine dell’Islam come fede violenta”. L’agenzia France Presse ha citato la lettera che Allam ha inviato al proprio direttore il 23 marzo, e ha sintetizzato così il senso di quell’articolo: “L’ex musulmano battezzato dal Papa accusa l’Islam di violenza”. Il britannico Sunday Times ha sottolineato come con la solennità del rito, con la scelta della visibilità dell’evento, il papa “rischia la furia dei musulmani”, “rischia di rinfocolare la rottura con il mondo musulmano”, come ai tempi del discorso di Ratisbona, visto che Allam “ha descritto l’Islam come intrinsecamente violento e caratterizzato da ‘odio e violenza’ piuttosto che da ‘amore e rispetto per gli altri’”.
Il mondo arabo si indigna, il Vaticano prende le distanze
Tra le reazioni del mondo arabo, vanno ricordate quella della tv al Arabiya, che definisce il giornalista “uno dei più controversi giornalisti italiani”, e quella del quotidiano panarabo internazionale Al Quds al Arabi, che ha titolato in prima pagina: “Il Papa provoca l’indignazione dei musulmani per aver battezzato un ex musulmano che appoggia Israele ed è noto per la sua avversione all’Islam”. Sul sito di al Shark al Awsat, come ha riferito la Repubblica, l’algerino Tlemsani ha scritto che “l’acqua versata sul capo di Magdi è come benzina gettata sul fuoco dello scontro di civiltà”. Il mondo islamico ha reagito finora in modo pacato, ma anche critico. Centotrentotto intellettuali e leader religiosi musulmani, firmatari di una recente lettera aperta al Papa per promuovere la pace mondiale, hanno criticato la modalità della conversione. Aref Ali Nayed, direttore del Centro regale di studi strategici islamici ad Amman (Giordania) e figura chiave del gruppo dei 138, ha denunciato l’atto “deliberato e provocatorio di battezzare Allam in un’occasione così speciale e in modo così spettacolare”, chiedendo alla Santa Sede di “prendere le distanze” dalla dichiarazioni del vicedirettore del Corriere della Sera.
“È triste che l’atto intimo e personale di una conversione religiosa divenga uno strumento trionfalistico per segnare punti” ha poi aggiunto Nayed all’agenzia Apcom: “Tali strumentalizzazioni di una persona e della sua conversione è contraria ai principi basi della dignità umana. Giunge inoltre in un momento altamente inopportuno in cui sinceri musulmani e cattolici stanno lavorando molto duramente per riparare alle fratture tra le due comunità”. “E’ triste – ha argomentato Nayed – che la persona prescelta per un gesto così fortemente pubblico ha generato, e continua a generare, argomenti di odio. Il messaggio fondamentale dell’articolo più recente di Allam è lo stesso messaggio dell’imperatore bizantino citato dal Papa nella sua lezione di Regensburg tristemente nota. Non è lontano dalla verità vedere questo come un altro modo di riaffermare il messaggio di Regensburg”. Nessuna critica è venuta da rappresentanti dell’Islam italiano come Mario Scialoja della Lega musulmana (“Una libera scelta da rispettare”) o Issedin Elzir, portavoce di quell’Ucoii spesso condannata da Allam (“Il caso ha avuto una risonanza maggiore del meritato: ogni giorno tanti si convertono all’Islam, come altri si convertono al Cristianesimo”). In linea con la posizione dei 138, Yahya Pallavicini, vicepresidente del Coreis, si è invece detto stupito dell’“alto profilo che il Vaticano ha riservato alla conversione”.
La risposta del Vaticano non si è fatta attendere. Preoccupata di compromettere i già tesi rapporti con il mondo musulmano, la Santa Sede ha preso le distanze dalle parole del giornalista: “Accogliere nella Chiesa un nuovo credente non significa evidentemente sposarne tutte le idee e le posizioni, in particolare su temi politici o sociali”. Lo ha dichiarato ufficialmente il 27 marzo il portavoce della Santa Sede, Padre Federico Lombardi, secondo cui Magdi Allam “ha il diritto di esprimere le proprie idee, che rimangono idee personali, senza diventare in alcun modo espressione ufficiale delle posizioni del Papa o della Santa Sede”.
Il dibattito sul Corriere della Sera
Un dibattito onesto sul tema è stato ospitato dallo stesso Corriere della Sera. Prima ha lasciato che Allam, con una lettera, spiegasse le sue ragioni, rivelando di chiamarsi ora “Magdi Cristiano Allam” e attaccando un Islam in cui sarebbe insita “la radice del male” e che sarebbe “fisiologicamente violento e storicamente conflittuale”. Poi il quotidiano milanese ha ospitato un’intervista all’intellettuale olandese Ian Buruma, esperto di Islam europeo, che ha apertamente criticato la natura “politica” del gesto della Chiesa, destinato a creare indubbiamente “tensioni con il mondo islamico”. Sempre martedì 25 febbraio sono stati pubblicati gli interventi di due autorevoli editorialisti del giornale, che, al di là del maquillage operato da una titolazione compiacente, ammorbidita, hanno contestato i modi della conversione.
Vittorio Messori ha scritto che nella lettera di Allam “sembra risuonare un’impazienza non del tutto condivisibile nei richiami alla Chiesa perché trovi il coraggio di annunciare Gesù anche agli islamici. In realtà non vi è, al mondo, alcuna istituzione che, più della Catholica, conosca meglio e più da vicino, per esperienza millenaria, la Umma, la comunità di chi venera in Muhammad l’ultimo dei profeti. Quanto può sembrare timore (e Magdi lo sa bene) è in realtà prudenza, è carità verso quegli umili, quei poveri, quegli indifesi che porterebbero tutto il peso di un atteggiamento provocatorio e spavaldo. Il realismo non è diplomazia, politica, timore”.
Ancora più duro lo scrittore Claudio Magris: “Le modalità di questa conversione e della sua comunicazione hanno e hanno evidentemente voluto avere pure un immediato significato politico. Infatti Magdi Allam, nella lettera in cui racconta la sua rinascita spirituale, non si limita a ringraziare Dio per la grazia ricevuta, ma propugna contestualmente una precisa linea politica, affermando la natura ‘fisiologicamente violenta di tutto l’Islam’ e la conseguente necessità di combattere tutto l’Islam, il che non è conforme all’amore cristiano e al suo senso di fraternità universale”. Magris non ha risparmiato critiche neanche a Benedetto XVI: “Una certa sorpresa, va detto, ha destato pure il fatto che sia stato il Sommo Pontefice a battezzare Magdi Allam, in un rito pasquale che di solito prevede il Battesimo pubblico a nuovi cristiani significativi, in quel momento, soprattutto in quanto anonimi e dunque rappresentanti di tutti. Sarebbe un po’ penoso se fossero soprattutto i vip ad ambire a quei lavacri”.
Magdi Allam ha difeso la sua scelta e quella di papa Benedetto XVI. Lo ha fatto in un’intervista a Libero (un quotidiano che assume spesso toni da crociata sullo scontro tra civiltà). Rimane ora da vedere, come ha segnalato en passant anche Messori, come cambierà il ruolo pubblico di Magdi “Cristiano” Allam. Era già criticabile prima il fatto che un giornale autorevole come il Corriere della Sera delegasse la sua posizione sull’Islam quasi al solo Allam, ed era forse giustificato soprattutto con l’appartenenza del giornalista al mondo musulmano. Ma ora che Allam non fa più parte di quel mondo, è corretto (e conveniente per il giornale) che un ex musulmano, munito della rabbia e dell’orgoglio di un convertito, conservi quasi il monopolio della questione islamica sul più prestigioso quotidiano del paese?