Cosa significa fare l’avvocato in Iran?
Da avvocato pensavo di fare semplicemente il mio lavoro, non mi sono mai considerato un attivista per i diritti umani. Però la maggior parte dei casi di cui mi sono occupato rappresentano effettivamente violazioni dei diritti della persona e condanne ingiuste. Ci sono reati, come per esempio l’adulterio, che esistono nella legge iraniana, ma certe accuse potrebbero essere facilmente smontate se solo ai legali fosse concesso di partecipare alle indagini preliminari. Spesso le condanne a morte, soprattutto nei piccoli paesi, avvengono di nascosto. Io stesso, con altri avvocati, andavo a cercare questi casi per impedire che le sentenze venissero eseguite di fatto senza alcun tipo di assistenza legale. Ma in tutto questo non ho mai voluto pensare di dover vivere fuori dall’Iran e quando sono partito non ho fatto neanche in tempo a salutare i miei cari, che spero un giorno di poter rivedere. Ho deciso dalla sera alla mattina, e sono andato in Turchia.
Che cosa l’ha spinta ad assistere Sakineh Ashtiani?
Il motivo per cui ho deciso di assistere legalmente questa donna è che lei in sede di tribunale non ha mai confessato l’adulterio. Solo una volta lo aveva ammesso durante un interrogatorio, perché aveva subito torture. La condanna nei suoi confronti è stata espressa da tre giudici su cinque, tutti religiosi, che secondo me si sono focalizzati sull’adulterio più che sul concorso in omicidio del marito di Sakineh, perché altrimenti non avrebbero potuto darle più di dieci anni di carcere. Contro di lei non ci sono mai stati testimoni, ma nella legge iraniana è previsto che il giudice possa condannare per scienza arbitraria.
Il 9 dicembre scorso si era diffusa la notizia del rilascio di Sakineh, ma nel giro di 24 ore si è saputo che la donna era stata riportata a casa con il figlio per inscenare una ricostruzione dell’omicidio del marito poi andata in onda sulla televisione iraniana Press Tv. Come ha letto questo episodio?
Quello che è stato fatto da Press Tv è ingiusto e disumano. Hanno messo in scena la morte di suo marito, con lei che interpretava l’omicida e il figlio che faceva la parte del padre che deve essere ammazzato. Bisogna pensare a quello che ha passato quel ragazzo. E comunque il governo iraniano non ha mai fatto dichiarazioni ufficiali sul rilascio di Sakineh. Per il regime sono importanti due cose, a livello internazionale: i diritti umani e il nucleare. Il caso Ashtiani è diventato uno strumento per sviare l’attenzione da tutto il resto. Ci sono tanti casi che hanno altrettanto bisogno di aiuto, ma non se ne parla.
Lei ha difeso anche dei minorenni condannati a morte…
Nessun essere umano può rimanere indifferente davanti ad una persona in carcere, in un paese che applica la pena di morte come legge derivante direttamente dalla religione. Ma c’è anche un’altra forma di condanna che deve essere portata a conoscenza della comunità internazionale: l’amputazione di un arto. Ci sono stati 32 casi solo nel 2009 in cui persone condannate per furto hanno subito la mutilazione di una mano o di una gamba. E questa pena viene applicata talvolta anche per reati “politici”: si invoca la Sharia, ma è solo un modo per sottomettere la popolazione e fare in modo che non possa protestare. C’è un reato specifico per il quale anche gli avvocati vengono perseguiti, il reato di inimicizia contro Dio, commesso da chi si oppone alla Sharia. L’altro capo di imputazione più comune è quello di attività contro la sicurezza nazionale, che permette di colpire chiunque si trovi all’opposizione.
Che ne sarà dei casi che seguiva e che ha dovuto abbandonare?
C’è un team di avvocati che ha preso in mano i miei casi di minori. Ma purtroppo non hanno la possibilità di renderli visibili come meriterebbero.
Che cosa vede nel futuro del popolo iraniano?
In questo momento gli iraniani si trovano a chiedere un futuro che gli viene negato. Ci sono limitazioni per ogni cosa. Il sistema è dittatoriale e la gente vorrebbe democrazia. Abbiamo visto che cosa è successo lo scorso anno, ma purtroppo l’Iran ha l’appoggio di tanti paesi, nonostante le violazioni siano ormai estremamente evidenti.