La societa’ aperta davanti alla sfida del revival religioso
Giancarlo Bosetti 12 March 2007

L’obiettivo della discussione che abbiamo intenzione di promuovere non è soltanto il dialogo in sé, ma il confronto finalizzato all’incontro di persone e prospettive diverse, conditio sine qua non per l’instaurazione di un effettivo e proficuo scambio culturale. Intendiamo promuovere la conoscenza reciproca attraverso il confronto tra tradizioni e linguaggi filosofici diversi. E crediamo che ciò sia possibile solo individuando tutta una serie di distorsioni e di deformazioni, ostacoli che si frappongono al cammino della conoscenza. Non basta lasciare la propria testimonianza, non basta dire o scrivere le proprie idee. Occorre mettersi in contatto e cercare il confronto con l’altro. Per cercare punti di convergenza su determinate idee e concetti, sul significato da attribuire all’abc del dialogo interculturale: ragione, diritti dell’uomo, libertà, democrazia, fede, secolarismo, fondamentalismo, colonialismo, post-colonialismo e via andare. Le differenze sono sotto i nostri occhi, e non dobbiamo avere il timore di affrontarle. Piuttosto, occorre coltivare – ed è quello che con resetdoc.org ci proponiamo di fare – un dialogo costante nel tempo, cogliendo quest’occasione come punto di partenza per altre opportunità di confronto e dibattito che, in futuro, saremo chiamati a promuovere con sempre maggiore continuità. Con l’ausilio, perché no?, delle moderne tecnologie informatiche, grazie alle quali possiamo interagire in modo più rapido e regolare.

In particolare, intendiamo redigere, sul nostri sito web www.resetdoc.org, un lessico del dialogo, che sarà anche il lessico di tutte le parole controverse e in grado di accendere contrasti. Come “democrazia”. Ma non mi addentrerò, in questa occasione, in una disquisizione sul senso di questa parola. Piuttosto, mi limiterò ad accennare al termine che è al centro del nostro incontro di oggi, e di cui parlano Sadik Al-Azm e Abdou Filali-Ansary: “secolarismo”, o, se si preferisce, “laicità”. Un termine attorno al quale siamo chiamati a discutere e confrontarci in modo autentico. Senza evitare di interrogarci sulle differenze, sui punti d’attrito, di contrasto o di convergenza. L’aggettivo “secolare” è assai controverso e contestato. C’è chi ritiene che la secolarizzazione segua la parabola tracciata da Max Weber, in modo del tutto eccezionale, soltanto in Europa. La laicità, quindi, come eccezione europea. Ma è facile ribattere che, nei Paesi arabi, numerosi intellettuali hanno loro stessi messo a punto un’idea dell’organizzazione dello Stato – vedi l’Egitto – ispirata al secolarismo. Diversi intellettuali e politici si definiscono “laici”. Di fatto, in Egitto – ma non solo – si assiste da una ventina di anni a questa parte a una ridefinizione del limite tra religiosità e secolarismo. Più di recente, l’aggettivo “secolare” è divenuto piuttosto impopolare, meno diffuso. Chi ha a cuore il significato e il valore del cammino della secolarizzazione ha deciso di rimpiazzarlo con l’aggettivo “civile”. Perché? Per mettere meno in risalto lo steccato tra sfera religiosa e politica. Si tratta di una differenza linguistica che merita, con l’ausilio degli strumenti della filosofia politica, un attento approfondimento.

In particolare, c’è una serie di interrogativi cui la filosofia è chiamata a fornire una risposta: come possiamo ribattere alla pretesa, da parte del mondo religioso, di una maggiore influenza nella vita pubblica? Non c’è solamente la difficoltà di definire il concetto di secolarismo. Ci si domanda anche come fronteggiare le interferenze della religione nella vita delle nostre società. E quali effetti avrebbe un simile revival religioso sulla vita di una società tollerante, libera, pluralista e aperta? Quali difficoltà comporterebbe l’ipertrofia del fenomeno religioso nei diversi Paesi del mondo, dalle realtà dell’immigrazione in Europa in seguito alle varie diaspore, alle tradizionali comunità europee, agli Usa? Il fenomeno cambia da caso a caso, ma sempre resta valida la forza del pluralismo liberale della filosofia così come lo intende, tra gli altri, John Rawls.

Spero che, nel corso di questa e delle future occasioni di dibattito, si potrà fare riferimento ad altri esempi di filosofia politica in grado di spiegare le modalità di organizzazione del pluralismo religioso nella vita delle società in cui la religione esige maggiore influenza nella vita pubblica. C’è chi sottolinea la possibilità di definire la tolleranza su basi antiliberali. Ebbene, io credo che non occorra precludersi alcuna alternativa, e che tutte le proposte avanzate meritino attenzione. Di più, spero che vengano messe in luce altre versioni della tolleranza, come suggerisce uno dei relatori qui presenti (Alessandro Ferrara), inquadrate da parametri che, in altre tradizioni, si rivelerebbero deleteri e che pure potrebbero produrre fecondi risultati in termini di convivenza con le altre culture. E dico questo con lo stesso spirito con cui Charles Taylor e Dipesh Chakrabarty ci invitano a “provincializzarci”, a tornare a preoccuparci ognuno del proprio piccolo. E con cui Amartya Sen ci invita a rintracciare la vivacità e il dinamismo culturale delle società libere e aperte nei Paesi e tradizioni non occidentali. Auspico che tale dibattito non si riduca a una sequela di contributi individuali, e che, in un clima di collaborazione reciproca, possiamo continuare a cercare quelli che sono i punti di convergenza e di attrito, al fine di migliorare la nostra comprensione reciproca.

Giancarlo Bosetti è il direttore della rivista Reset. Insegna Sociologia della Comunicazione all’Università di Roma Tre.

Questo testo è la trascrizione dell’intervento tenuto dall’autore alla tavola rotonda organizzata da Reset Dialogues on Civilizations “Il risveglio della religione e la società aperta”, che si è svolta nell’ambito della Giornata mondiale della filosofia dell’Unesco (Rabat – Marocco, 16 novembre 2006). All’incontro hanno partecipato il ministro dell’Interno Giuliano Amato, i filosofi Abdou Filali-Ansary (Marocco), Fred Dallmayr (Usa), Sadik Al Azm (Siria), Sebastiano Maffettone e Alessandro Ferrara (Italia), il direttore di Reset Giancarlo Bosetti e l’amministratore delegato di Reset DoC Nina zu Fürstenberg.

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