Numeri e speranze degli afgani di Roma
Sara Colantonio 29 aprile 2010

È la nazionalità afghana quella che maggiormente usufruisce dei servizi di accoglienza del Comune di Roma ed è per questo che la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo – associazione fondata da Ernesto Nathan, sindaco di Roma tra il 1907 ed il 1913 – ha deciso di condurre una ricerca su 95 soggetti richiedenti asilo, titolari di protezione sussidiaria o umanitaria. La ricerca, presentata il 28 aprile 2010 alla Fondazione Europea Dragan, ha indagato sulle loro storie, sulla loro esperienza a Roma e ha riflettuto con loro sulle speranze e le prospettive per il futuro. Ha moderato l’incontro Stefano Tomassini, giornalista Rai, il quale ha aperto il dibattito consigliando alla Lidu di cambiare nome in Lega dei Diritti degli Uomini, per contrastare lo sfrenato individualismo tipico dei nostri giorni, dove vale soltanto il diritto del singolo, di quello che “se ne sta a casa propria” e che si riflette poi con evidenza nel voto politico.

Dopo la proiezione del cortometraggio “Afghanistan, in fuga dal passato” di Alex Youssef, che ripercorre la storia di questo paese, è stato Franco Pittau a prendere la parola. Il coordinatore del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes ha voluto far notare come in Italia ci sia una percezione sbagliata dei fatti: gli “sbarchi”, parola continuamente pronunciata nei Tg ormai da anni, non costituiscono, secondo le stime, neanche lo 0,50% della presenza di immigrati in Italia; le diciassettemila persone che richiedono asilo politico monopolizzano l’attenzione dell’opinione pubblica a fronte dei quattro milioni di immigrati residenti in Italia. Ha rilevato inoltre come in Italia si faccia ben poco per queste persone: “Se si riconosce che l’immigrazione è una risorsa per l’Italia, ad esempio per la manodopera, non ci si preoccupa poi delle conseguenti esigenze come la casa o, ad esempio, l’insegnamento dell’italiano che tra scuola pubblica e volontariato riesce a sopperire soltanto alla metà delle trentamila persone che ne hanno bisogno”.

La questione degli immigrati come risorsa per l’Italia è stata ripresa anche da Laura Boldrini, Portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, soprattutto per una questione culturale: “La risposta che è stata data dal governo italiano lo scorso maggio, cioè respingere tutti, non fa che respingere anche tutti gli italiani, tagliando il cordone ombelicale con la nostra storia, fatta di emigrazione e di immigrazione, che tanto hanno fatto per la costruzione della nostra coscienza artistica e sociale”. Eraldo Affinati, giornalista e scrittore, ha riportato la sua esperienza alla Città dei Ragazzi – opera che si propone di provvedere all’assistenza, all’educazione sociale e professionale dei ragazzi privi di un valido supporto familiare ed esposti a rischi di devianza – dove ha conosciuto ragazzi sbarcati in Italia: “Qui vivono in un mondo parallelo dove si insegna loro la democrazia: eleggono il sindaco, c’è una moneta corrente, ci sono le banche, gli uffici; ma soprattutto imparano l’italiano e confessando a noi, in italiano, la loro storia, la confessano per la prima volta a se stessi, imparano a rifletterci. Ma tutto ciò diventa inutile se non si aumentano le possibilità di inserimento nel mondo lavorativo; a diciotto anni saranno costretti a tornare in strada”.

Fuori programma l’intervento di una donna iraniana a contatto con l’immigrazione irregolare: polemizza sulla conferenza, sulla totalità delle conferenze sul tema dove, secondo lei, si ostentano le cose fatte, i meriti e non si parla mai delle cose che vanno male. A conclusione del dibattito, Stefano Tomassini, lancia un altro consiglio provocatorio alla Lidu, quello di organizzare presto un convegno per riflettere sul diritto di cittadinanza nel nostro Paese.