Nixon in Egitto
Robert S. Leiken con Daniele Castellani Perelli 8 May 2007

Leiken e Brooke hanno condotto una lunga ricerca nel mondo arabo, con numerose interviste a esponenti di spicco del discusso movimento egiziano, e sono giunti alla conclusione che tra Stati Uniti e Fratellanza la “cooperazione in aree specifiche e di reciproco interesse – come l’opposizione a al Qaeda, l’incoraggiamento della democrazia e la resistenza all’espansione dell’influenza iraniana – potrebbe certamente essere fattibile”. Una tesi controcorrente, per tanti motivi. Perché i Fratelli Musulmani sono accusati spesso di sostenere il terrorismo, di essere antiamericani e antisemiti, e di volere la nascita di uno Stato islamico in Egitto. Perché il loro principale avversario, il presidente egiziano Hosni Mubarak, è uno dei primi (e pochi) alleati degli Stati Uniti nel mondo islamico.

Ma la situazione sta cambiando, spiega a Resetdoc Robert S. Leiken. Mubarak ha varato delle riforme costituzionali che allontanano ancora di più l’Egitto dal sogno di una democrazia, e sullo sfondo si fa sempre più concreta la minaccia di una successione “monarchica” a beneficio del figlio del presidente, Gamal Mubarak. “Sono rimasto profondamente deluso dal silenzio del Segretario di Stato Condoleezza Rice davanti alle riforme di Mubarak, ma credo che si possano leggere altrove i segnali di un cambiamento nel dibattito americano”, ci dice Leiken. Il riferimento è al recente incontro tra il leader della maggioranza alla Camera Steny Hoyer e Muhammad Sa’d Al-Katatni, leader della fazione dei Fratelli Musulmani nel parlamento egiziano. Ma l’aspetto più interessante è che in seguito a quell’incontro l’ambasciatore americano Francis J. Ricciardone ha lasciato in segreto l’Egitto, dopo esser stato convocato dal Dipartimento di Stato per un incontro a Washington.
“Credo che sia il segno che qualcosa si sta muovendo, come dimostra sia la scelta di una rivista come Foreign Affairs di pubblicare il nostro saggio sia il dibattito che ne è scaturito”, aggiunge Leiken, che ci spiega così la sua posizione: “Il movimento dei Fratelli Musulmani è molto complesso, presenta varie anime al suo interno, e la sua componente moderata si sta muovendo in una direzione positiva e chiede di parlare con gli Stati Uniti. Si tratta di un movimento radicato, con un ampio seguito popolare e dobbiamo capire che comunque i Fratelli Musulmani non vogliono la jihad, anzi sono duramente criticati da terroristi come al Zawahiri. Il dialogo con loro è un’occasione per gli Stati Uniti, che nella regione mediorientale sono così isolati da non potersi permettere di non parlare con i Fratelli Musulmani”.

Leiken, i cui lavori sull’America Latina venivano citati anche dal presidente Ronald Reagan, non si fa troppe illusioni su una parte del movimento. Riconosce ad esempio che parte della Fratellanza è antisemita e antiamericana, ma racconta come la corrente moderata stia guadagnando sempre più influenza, e come il movimento sia tutt’altro che un monolite (come credono i falchi di Washington), soprattutto nelle sue ramificazioni internazionali: “Una parte del movimento egiziano è favorevole al dialogo con gli Stati Uniti, in Iraq siedono in Parlamento, e in Siria guardano con favore la politica dell’amministrazione Bush e sono tenaci oppositori del regime di Assad. E anche sugli ebrei, in fondo, noi abbiamo parlato con esponenti dei Fratelli Musulmani molto aperti e disponibili al dialogo”.
Non parlare con i Fratelli Musulmani, gli chiediamo, non è una chiara contraddizione della strategia dell’amministrazione di “esportare la democrazia nel mondo islamico”? “Sono assolutamente d’accordo – risponde Leiken – l’amministrazione è molto divisa su questo tema, ma bisogna dire che la questione tema taglia trasversalmente la politica americana. Abbiamo parlato con diversi esponenti sia democratici sia repubblicani e abbiamo riscontrato che sono trasversali le posizioni sia di sostegno sia di rifiuto di un dialogo con i Fratelli Musulmani”.

Qualcosa intanto si muove, e anche al Cairo se ne sono accorti. Il ministro degli Esteri egiziano, seccato dall’incontro tra Hoyer e Al-Katatni, ha informato il dipartimento di Stato americano che incontrare rappresentanti dei Fratelli Musulmani significa legittimare un movimento che è fuori legge in Egitto.

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