Questo articolo è tratto dal sito di Articolo21.Info
Il dibattito è aperto. Giusto o non giusto attaccare Gheddafi? Quale valore politico assegnare alla guerra? Personalmente, questa volta, condivido la tesi di Bernard-Henry Levy: “Non si può pensare che la comunità internazionale faccia lo stesso errore che fece con Saddam Hussein, lasciando intatta, venti ani fa, dopo la guerra nel Golfo, la sua capacità di nuocere”. E quindi non condivido la tesi pacifista (ma forse non di tutti i pacifisti) che si riassume nello slogan: “Né guerra, né tiranno”. Slogan che purtroppo non porta da nessuna parte perché è evidente che Gheddafi non è certo disposto a quella “iniziativa democratica” che propone il movimento per la pace. Il problema di fondo lo ha espresso chiaramente l’Anpi (memore del fatto che l’intervento alleato in Italia fu decisivo per battere i nazisti e che i partigiani antifascisti fecero la resistenza anche grazie a quell’intervento): “Siamo contrari alla guerra, ripudiamo le armi, però dobbiamo porre il problema di come rispondere ai libici che ci chiedono di sostenerli”.
Ora, in Italia in particolare, spunta una nuova critica alla guerra: è arrivata tardi ed è gestita in modo non adeguatamente coordinato. Certo, la guerra contro le truppe mercenarie del satrapo narcisista che controlla con pugno di ferro la Libia da decenni, andava fatta prima che le truppe del dittatore riprendessero l’iniziativa militare contro i ribelli male armati e scoordinati (il che dimostra che all’inizio la rivolta contro Gheddafi non prevedeva una guerra civile ma semmai uno scenario simile a quello egiziano e tunisino). Ma il fatto è (lo si è già dimenticato?) che fino a pochi giorni fa non si era riusciti a mettere d’accordo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu su un intervento che fosse in grado di fermare il rischio evidente di una mattanza. Quest’accordo è stato raggiunto solo a giochi quasi fatti, quando le truppe del regime stavano per entrare a Bengasi, la capitale degli insorti. A chi critica con tanta sicumera e superficialità questo ritardo va chiesto: ma allora quello che andava fatto era una ripetizione della guerra in Iraq, quello che vollero i neoconservatori che controllavano ideologicamente Bush figlio nel 2003? E cioè un intervento deciso al di fuori delle Nazioni Unite e quindi privo di una vera legittimità internazionale?
Sfugge a costoro, alcuni dei quali, come il passionale direttore del Foglio, sono gli stessi che, scopiazzando i neoconservatori, osannavano la politica folle di Rumsfeld e Cheney, che questa volta il cosiddetto ritardo si deve proprio alla volontà di Obama di non ripetere quello schema disastroso che tanto male, tra l’altro, ha fatto all’immagine degli Stati Uniti nel mondo alimentando quel clima di conflitto tra civiltà che certo non ha facilitato l’avvicinamento tra masse musulmane e l’Occidente democratico. Obama, ancora una volta, sta dimostrando che è possibile muoversi secondo logiche completamente diverse. Non dice niente a questi critici dell’intervento in Libia che per la prima volta la Lega araba abbia condiviso un intervento del genere e che una televisione araba così influente come Al Jazeera, abbia sostenuto quella che un giornalista certo non particolarmente sensibile al mondo musulmano come Ostellino ora definisce come “una guerra che ha tutta l’aria di un’iniziativa para-coloniale”. Insomma, a costoro non dice niente il fatto, che è già di per sé una svolta storica, che una larghissima parte del popolo libico ringrazi apertamente l’intervento disposto dall’Onu?
E’ difficile non vedere in questi discorsi, che si fanno strada anche all’interno del governo (il cui premier, ma guarda un po’, si è detto “dispiaciuto” per Gheddafi !), il goffo tentativo di confondere le idee degli italiani nella speranza, forse, di recuperare il rapporto con il dittatore libico nel caso costui riuscisse a sopravvivere all’intervento armato che si propone di difendere gli insorti. Insomma, ancora una volta la classica “furbizia italiana” che rispunta in mezzo ad una plateale incapacità di un certo ceto politico di spiegare con chiarezza la situazione. E anche gli obblighi che derivano dalla partecipazione diretta ad un conflitto le cui incognite, certo, non vanno sottovalutate. Una parte dell’Italia, questa volta a destra e non solo tra i pacifisti, non vuole dunque l’intervento. Lo abbiamo subito, sembra dire Berlusconi e con lui la Lega e altri esponenti della sgangherata Armata Brancaleone che governa l’Italia, per via degli obblighi internazionali. Che è come dire, avremmo fatto volentieri come la Germania, contraria alla guerra, ma non ne abbiamo avuto la forza. Come sempre la “furbizia” esprime una debolezza di fondo, una non convinzione dei propri impegni e doveri. Ecco il messaggio: caro Gheddafi, scusaci, non lo avremmo fatto se non ci avessero obbligati. Ma stai tranquillo, noi restiamo tuoi amici, malgrado tutto. Un ammiccamento cinico o la paura che il minaccioso rais riesca a restare al suo posto? Lo capiremo meglio nelle prossime puntate.