La conferenza sull’Olocausto organizzata a Teheran l’11 e il 12 dicembre scorsi, ha suscitato nella stampa araba vari commenti. All’apertura dei lavori il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad aveva dichiarato che l’obiettivo della conferenza era consentire agli studiosi e ai ricercatori dei paesi occidentali, in cui il dibattito sull’Olocausto sarebbe considerato un “tabù”, di discutere serenamente, in un ambiente libero e con un approccio scientifico, sulla veridicità delle fonti storiche riguardanti lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti. Il presidente ha poi affermato di ritenere imminente la fine di Israele, che presto “affronterà lo stesso destino dell’Urss e sarà cancellato dalla carta geografica”.
Su queste parole, dal quotidiano libanese Al-Safìr (L’ambasciatore), Sàti‘ Nuruddìn commenta: “L’opinione di Ahmadinejad è condivisa da coloro che, a dispetto delle enormi perdite materiali e umane inflitte recentemente da Israele al Libano, si ostinano ad interpretare l’ultima guerra come una schiacciante sconfitta israeliana da parte di Hezbollah”. Quanto alla conferenza, per Nuruddìn il tentativo iraniano di “rileggere la storia” non avrebbe lo scopo di negare l’Olocausto ma piuttosto quello di discutere i fatti in maniera scientifica per riportarli alla loro giusta dimensione. In particolare l’obiettivo sarebbe quello di ridimensionare il numero delle vittime del genocidio, esagerato dalla propaganda sionista.
Ciò risponde ad una precisa strategia politica dell’Iran che vorrebbe così far cadere ogni pretesa del popolo ebraico di vedere riconosciuto dalla comunità internazionale “il diritto a costituire uno stato indipendente e a possedere una forza militare senza pari, per provvedere alla propria difesa”. Il giudizio complessivo sulla strategia di Teheran però, è negativo: “Si è trattato di un tragico errore!”. L’Iran ha infatti ricordato ad un Occidente che stava per liberarsi dai “sensi di colpa” nei confronti degli ebrei che Israele continua ad essere “un avamposto di importanza fondamentale nella guerra che l’Occidente conduce contro l’Islam”. E conclude: “La conferenza è stata un enorme errore dell’Iran compensato solo dalla fiducia del suo presidente nel fatto che Israele è prossimo a scomparire e non tornerà a distruggere il Libano un’altra volta”.
Anche Hani Naqshbandi, sulla nota rivista ondine araba Elàph, ritiene che la posizione di Ahmadinejad sull’Olocausto non sia isolata ma, al contrario, coincida con quella di quasi tutto il mondo arabo e islamico: “Siamo stati educati sin da piccoli a non vedere nello sterminio degli ebrei nient’altro che un’invenzione della propaganda sionista, il cui obiettivo era quello di suscitare in tutto il mondo compassione per il popolo ebraico”. Per Naqshbandi, però, “l’Olocausto è accaduto davvero e milioni di persone innocenti sono state uccise e questo ci obbliga ad avere compassione per quegli innocenti a prescindere dalla loro religione o dalla loro identità”.
Afferma che l’Occidente, “che ha molta più dimestichezza di noi con le scienze storiche”, conserva le prove dell’Olocausto: in Europa si possono ancora visitare i campi di concentramento nazisti e i forni crematori, ci sono i filmati e le dichiarazioni degli stessi gerarchi nazisti. “Quali prove abbiamo noi per negare tutto questo? Solo persone mentalmente labili possono negare l’evidenza delle prove storiche. La Germania nazista odiava gli ebrei, gli arabi e i neri: e se fosse successo a noi quello che è accaduto al popolo ebraico? Continueremmo a dire che l’Olocausto è solo un prodotto della fantasia occidentale?”. La conclusione dello scrittore è incoraggiante: “So che tutto questo non giustifica ciò che Israele compie a danno dei palestinesi. Ma negare il genocidio non ci restituirà la Palestina. E’ piuttosto il riconoscere la storia, con tutto ciò che comporta, anche se contrasta con le nostre opinioni, che ci può far comprendere dove siamo, chi siamo, e come possiamo recuperare ciò che abbiamo perduto”.
I commenti più infuocati provengono, come sempre, dalle pagine del quotidiano palestinese Al-Quds al-Arabi (Gerusalemme araba), tra i più diffusi all’estero. La critica ha come bersaglio innanzitutto l’atteggiamento sionista: “Lo sterminio degli ebrei è una verità storica senza ombra di dubbio. Ma i sionisti hanno fatto di questo ‘incidente’ – unico nella storia per crudeltà ed efferatezza – una sorta di statua che hanno poi collocato su un alto piedistallo in modo che nessuno la possa toccare né osservare da vicino. L’insistenza sionista sul numero magico, quasi sacro, dei 6 milioni di vittime, sul quale non si accetta alcuna discussione, rappresenta un intollerabile ricatto politico a tutta l’umanità”. Il tono si fa ancora più acceso nel commentare il comportamento di Israele in Palestina: “Non vogliamo certamente negare i crimini nazisti nei confronti degli ebrei – ma anche degli slavi, dei russi e dei rom. Tuttavia se l’Occidente vuole conoscere una tragedia simile a quella degli ebrei, che torna a consumarsi ogni giorno, mandi i suoi ‘apostoli’ in Palestina ad assistere al massacro continuo di bambini, donne e anziani per mano dei ‘neo-nazisti’ sionisti”.
E tra i commenti dei lettori c’è addirittura chi suggerisce: “Il problema è semplice. La Germania ha ucciso gli ebrei. Quindi è la Germania che dovrebbe dare loro una patria in Baviera! Gli arabi non hanno nulla a che vedere con l’Olocausto. Se gli Stati Uniti amano tanto Israele, che se lo portino più vicino al loro continente e ci liberino da questo cancro!”. Dal versante più moderato provengono invece numerose critiche alla conferenza di Teheran. Elias Harfoush, dalle pagine dell’altro grande quotidiano internazionale Al-Hayat (La vita), si chiede ad esempio fino a che punto la pretesa “libertà di espressione” garantita in Iran possa essere utilizzata per trattare questioni tanto sensibili come quella delle sofferenze inflitte dal nazismo al popolo ebraico. Harfoush si domanda inoltre quanto il dibattito storiografico all’interno della conferenza sia veramente scevro da tendenze e inclinazioni politiche visto che il gruppo dei partecipanti include persone come David Duke, ex leader del Ku Klux Klan, considerata una delle organizzazioni più razziste nei confronti della gente di colore e dei seguaci di religioni diverse da quella cristiana. “Piuttosto che discutere sulla storicità dell’Olocausto il governo iraniano avrebbe dovuto proporre una discussione su come il movimento sionista ha sfruttato lo sterminio degli ebrei per accampare diritti sulla creazione dello Stato di Israele”.
A questo proposito, commentando la dichiarazione israeliana “non permetteremo all’Iran di riscrivere la storia”, Adel Mahmud scrive sulla rivista libanese Al Kifàh al-‘arabi (La lotta araba): “La ‘storia sacra’ che non si vuole riscrivere è il capitolo più doloroso di tutta la storia dell’Europa. Il massacro degli ebrei però, reale o presunto, ha trasformato le vittime in carnefici”. Quanto alla strategia di Teheran di dimostrare ingiustificata la pretesa sionista di uno Stato ebraico in Palestina come risarcimento per lo sterminio nazista, su Al-Hayat c’è chi ritiene che “la negazione dell’Olocausto è una mossa politica stupida, che non indebolisce la base morale su cui è fondato lo stato di Israele, come pensano alcuni, ma al contrario concede, sia alle destre europee che a Israele, un nemico comodo contro cui allearsi e su cui far ricadere la colpa di tutti i problemi, ovvero i musulmani fondamentalisti, gli arabi, i palestinesi e tutto ciò a cui Bush applica l’etichetta di ‘fascismo islamico’”. Una strategia più efficace va individuata nella prima risposta degli arabi “che era stata molto più semplice e pacifica”: “Non rinnegava la realtà dell’Olocausto ma rifiutava di assumersene la responsabilità. Il risarcimento del danno doveva piuttosto gravare sull’Europa. Questa posizione fu mantenuta negli anni ’40 e ’50 e rimane ancora oggi per noi la risposta più naturale”.
Se la stampa maghrebina per lo più si astiene dal commentare la politica iraniana nei confronti di Israele, non così quella dei paesi del Golfo e della penisola araba, aree certamente più sensibili ai venti di tensione che dall’altopiano iranico soffiano sulla regione mediorientale. Sul quotidiano degli Emirati Arabi Uniti Al bayan (L’annuncio), Ahmad ‘Amràni sostiene che l’interesse a far luce sulle reali dimensioni dell’Olocausto dovrebbe riguardare almeno due categorie di persone, gli studiosi del mondo accademico europeo e il popolo palestinese: “Perciò non capisco perché la classe politica e accademica in Occidente si sia mostrata indignata di fronte all’annuncio della conferenza. Se la storia ci ha detto la verità, che danno può arrecare alla verità e alla giustizia il fatto che alcuni studiosi tornino sulla questione dell’Olocausto per accertarne con metodo scientifico l’attendibilità storica e i dettagli? Tutti questi isterismi dimostrano soltanto quanto le istituzioni accademiche occidentali siano soggette al ‘ricatto ebraico’, che terrorizza i responsabili politici e gli scienziati con le minacce personali di morte per le quali sono ormai famose le istituzioni israeliane”.
Le reazioni di Usa e Israele alla conferenza fanno discutere anche sui possibili scenari futuri e sulle eventuali misure per contenere Teheran. ‘Abd al-Rahmàn al-Mukhtàr, che scrive su News Yemen, commenta: “L’atteggiamento minaccioso di questi paesi non spaventa Ahmadinejad, il quale ha ormai compreso che Washington e Tel Aviv non possono permettersi di dare corso alle loro minacce. Gli Usa sono stati il primo paese ad usare armi di distruzione di massa contro il Giappone alla fine della II guerra mondiale. Oggi però la situazione è diversa e la regione del Golfo non è il Giappone. Un’azione di questo genere oggi, in Iran, si ritorcerebbe contro gli interessi americani perché la risposta iraniana colpirebbe i paesi dell’area alleati degli Usa, gli stessi soldati americani in Iraq e soprattutto il tanto riverito alleato, Israele. Se davvero lo sterminio degli ebrei per mano dei nazisti è una mera leggenda, come dice il presidente Ahmadinejad, il prossimo sterminio sarà reale e colpirà gli ebrei, gli americani e l’intera regione! Forse che Washington e Tel Aviv ignorano questa verità e sono disposti ad avventurarsi in un’impresa i cui rischi sono più che certi?”.