Da Dissent
Convivere con la diversità: per una politica di speranza senza paura
Forum of Concerned Citizens of Europe – 22 luglio 2010
L’Europa è in subbuglio. E ci viene detto che dobbiamo aver paura: per la nostra sicurezza, la nostra cultura, i nostri posti di lavoro, le nostre libertà, la nostra tranquillità, il nostro futuro. Ci viene detto che non c’è alternativa alla perdita della sicurezza del lavoro, alla diminuzione dei salari e al prolungamento della vita lavorativa, alla trasformazione dei nostri quartieri, delle nostre città e dei nostri paesi in campi recintati, protetti da nemici designati: gli immigrati, i poveri e chiunque sia diverso per cultura, religione o etnia.
È questa la via da seguire, in un’Europa che è ormai patria di milioni di persone con storie diverse, molteplici inclinazioni religiose e culturali e numerosi collegamenti transfrontalieri? In questa Europa non ha alcun senso chiudere le frontiere, fare il gioco dei buoni (chi è dentro) e dei cattivi (chi è fuori), difendere la purezza etnica e culturale, demonizzare tutto ciò che è diverso
La retorica xenofoba che oggi pervade la sfera pubblica sta distogliendo l’attenzione dalle pressanti questioni all’ordine del giorno: affrontare l’incertezza e i rischi economici e sociali con idee e metodi nuovi, e inventare nuovi modi di vivere insieme in una realtà sempre più complessa dal punto di vista sociale e culturale.
Noi, come gruppo di cittadini impegnati, facciamo appello alla responsabilità politica degli opinion maker e dei leader politici europei. Chiediamo la fine della politica della paura e l’impegno nella politica della speranza. Altrimenti l’Europa potrebbe trovarsi ancora una volta invischiata in un lungo periodo buio di odio e ostilità da cui sarà difficile uscire, e che – come in passato – porterà gli amici a trasformarsi in nemici capaci delle mostruosità più impensabili. Siamo vicini al punto di non ritorno. È questo senso di urgenza a ispirare il nostro Manifesto: un appello a tutti coloro che vivono in Europa, coloro che sono preoccupati per il suo presente e per il suo futuro, affinché si uniscano a noi per immaginare e realizzare una politica inclusiva degna del XXI secolo.
La nuova politica inclusiva in Europa deve comprendere e basarsi su almeno quattro princìpi essenziali:
1. La diversità come essenza dell’Europa.
L’idea di un’Europa autentica e pura, culturalmente omogenea, non è altro che un’illusione; ma un’illusione potente e pericolosa. Dobbiamo ricordare, e ammettere, che per raggiungere i suoi traguardi più importanti l’Europa ha sempre attinto alle energie creative del mondo intero, alla positiva collaborazione tra persone di origini diverse e con biografie complesse, al rispetto delle preferenze e delle differenze di genere, razziali, sessuali, religiose e culturali. È questa tradizione di apertura e inclusione, e non l’altro, più cupo retaggio dell’Europa, fatto di presunta superiorità, chiusura e sospetto, che occorre ravvivare per far fronte a un futuro incerto e turbolento.
2. Un ethos di solidarietà e speranza.
Di fronte a incertezze e turbolenze, la storia dimostra che i mezzi migliori sono il coraggio e il dialogo, non la paura e l’intolleranza. La politica della paura che pervade la società europea deve essere denunciata e respinta per fare spazio a un ethos che spinga ad affrontare il futuro con coraggio, mobilitando le energie collettive di pubblici eterogenei. Questo ethos ci permetterebbe di far fronte alle difficoltà comuni a tutti i membri della società europea, indipendentemente dalla loro origine: un ethos di speranza e non di paura, di fiducia e non di sospetto, di reciprocità e non di dominio, di dialogo e non di condanna, di negoziato e non di aggressione.
3. Proteggere i beni comuni.
C’è bisogno di un senso di condivisione degli obiettivi incentrato sul rafforzamento dell’idea di “bene comune”: l’idea di costruire e salvaguardare il nostro ambiente culturale, economico e sociale comune, e di proteggere l’ambiente naturale dall’inquinamento e dall’usura. Gli elementi chiave di tale politica del bene comune sono il mantenimento di una sfera pubblica attiva, servizi pubblici degni di questo nome e spazi pubblici vivi e stimolanti, il rispetto e la protezione dell’ambiente, la tutela da rischi e pericoli, infrastrutture e tecnologie che accrescano le capacità dei cittadini invece di ridurle. Soprattutto, la cultura del rispetto per i beni comuni dovrebbe diventare un mezzo per conciliare le differenze.
4. Economia inclusiva.
Le questioni di politica culturale sono inscindibili da quelle di politica economica. La solidarietà economica è indispensabile sia per promuovere la tolleranza sia per realizzare l’inclusione. Abbiamo dunque bisogno di politiche basate sul retaggio europeo di equità sociale: un’economia sociale che distribuisca opportunità e remunerazioni, previdenza sociale universale, responsabilità sociale delle imprese, lavoro per tutti e salari equi, oltre a un continuo potenziamento delle capacità umane. In linea con questa tradizione che va al di là di qualsiasi appartenenza ideologica o spirito di parte, c’è oggi urgente necessità di una riforma delle regolamentazioni che subordini le esigenze dei mercati a quelle della società. È attraverso tali politiche che la futura crescita potrà essere destinata ai molti e non solo ai pochi, stimolando così atteggiamenti e pratiche sociali che si contrappongano all’invidia e all’inimicizia.
Opponiamoci, insieme, alla cultura della gestione delle emergenze basata sulla vigilanza ossessiva, sul controllo e sulla denigrazione dello straniero e del diverso. Creiamo invece una cultura di solidarietà e comunione d’intenti al di là delle nostre differenze. Diamo voce alla nostra repulsione per la società ingiusta e iniqua che biasima le sue stesse vittime e i suoi disgraziati. Ravviviamo la nostra fiducia nel potere della democrazia, dell’equità e della giustizia sociale per i molti. Stabiliamo una nuova serie di regole, basate sulla cooperazione e sulla reciprocità, nei rapporti dell’Europa con tutti quei paesi in cui la vita – umana e non solo – è troppo spesso considerata come merce di infimo valore. E accettiamo il fatto che la curiosità e l’apprendimento dagli altri restano il metodo più sicuro per affrontare un futuro incerto.
Il nostro appello è semplice quanto ambizioso: considerare le difficoltà cui tutti noi ci troviamo di fronte come la migliore base di partenza per un’azione collettiva, di guida alla politica democratica in Europa, e riconoscere le potenzialità della convivenza con la diversità in questo continente come la migliore risorsa a nostra disposizione per affrontare in modo responsabile le sfide che ci attendono.
Barcellona, maggio 2010
Questo Manifesto è basato su una Lettera Aperta del Forum of Concerned Citizens of Europe.
Il Forum è promosso da Ash Amin (Durham), Albena Azmanova (Bruxelles), Les Back (Londra), Laura Balbo (Milano), Iain Chambers (Napoli), Nefise Özkal Lorentzen (Oslo), Bashkim Shehu (Barcellona), Pep Subirós (Barcellona), Teun A. van Dijk (Barcellona), Ruth Wodak (Lancaster).
Tra i firmatari: Michel Agier, Etienne Balibar, Antonio Bañón, András Bozóki, Biancamaria Bruno, Tom Burns, Peter Claussen, Krzysztof Czyzewski, Ales Debeljak, Costas Douzinas, Mohamed El-Madkouri, Ramon Flecha, Paolo Flores d’Arcais, Konstanty Gebert, Lauri Hannikainen, Jerzy Hausner, Martin Heller, Ray Hudson, Mustafa Hussain, Siegfried Jäger, Michael Kazin, Ivan Krastev, Peter Krasztev, Remzi Lani, Evelin Lindner, Martin Lyngbo, Geneviève Makaping, Gema Martín Muñoz, Victor Molina, Simon Njami, Boris A. Novak, Lord Bhikhu Parekh, Juan de Dios Ramírez-Heredia, Josep Ramoneda, Ali Rattansi, Stefano Rodotà, Ziauddin Sardar, Saskia Sassen, Obrad Savic, Philippe C. Schmitter, Richard Sennett, Renate Siebert, Tove Skutnabb-Kangas, John Solomos, Joan Subirats, Pierre Tevanian, Tzvetan Todorov, Nicolae Valeriu, Françoise Vergés, John Wrench, Ricard Zapata, Tana de Zulueta…
Per aggiungere la vostra firma, inviate un’e-mail a Pep Subirós: pepsubiros@gmail.com.
(traduzione di Enrico Del Sero)