Chi a Capodanno avrà la fortuna di essere a Dubai, e in particolare di avere una camera prenotata all’Atlantic Palm Jumeirah Hotel (albergo che sorge sulla famosa isola artificiale a forma di palma), può star sicuro che non dimenticherà facilmente il primo giorno del 2009. Sol Kerzen, l’imprenditore sudafricano che assieme a dei soci locali è proprietario del complesso, sta lavorando a quella che chiama “la festa del secolo”. Un party da 20 milioni di dollari a cui parteciperanno oltre mille star mondiali, fra cui Robert De Niro e Michael Jordan, e che culminerà in fuochi d’artificio “sette volte più grandi di quelli della cerimonia d’apertura delle olimpiadi di Pechino, tanto grandi da essere visti dallo spazio”.
Il cenone extra-deluxe incarna bene lo spirito e la filosofia di una città, Dubai, che del lusso, dello shopping sfrenato e degli eccessi consumistici s’è erta a capitale negli ultimi cinque anni. L’emirato, uno dei sette che formano gli Emirati Arabi Uniti, è ormai di fatto una specie di mall-city, tanto da essere chiamato confidenzialmente “Do-buy”. Eppure la festa del secolo, come la chiama Kerzen, rischia di essere una specie di spartiacque, il punto più alto della parabola economica della città, da cui si può solo declinare. E molto velocemente. Proprio in questi giorni infatti sta scoppiando la bolla immobiliare. Che per Dubai può essere l’equivalente della venuta dei barbari per l’impero romano.
“I prezzi delle case sono scesi dal 20 al 35 per cento solo da settembre a oggi”, allarga le braccia sconsolato Rahab Jawda della società immobiliare al-Jabak al-Aqariya. E si tratta solo di una media, visto che in alcuni punti più pregiati il crollo è stato anche più vistoso. Chi ha comprato una villa nell’isola a forma di palma, ad esempio, in poche settimane ha visto deprezzare il proprio investimento del 40 per cento. Nessuno vuole acquistare case, tutti vogliono vendere. E le agenzie immobiliari hanno cominciato a licenziare personale. Una delle più grandi di Dubai, la Damak, ha deciso di fare a meno di 200 impiegati, lasciando intendere che anche le concorrenti presto dovranno imitarla. La crisi dell’immobiliare per Dubai però rischia di essere letale, visto che proprio grazie a questo settore la città ha spiccato il volo negli ultimi cinque anni. Da anonima città mediorientale è diventata una specie di New York per numero di grattacieli, di business center, di alberghi a cinque stelle, di centri commerciali.
Sono ormai leggenda costruzioni avveniristiche come l’hotel Burj al-Arab, a forma di vela spiegata, e il Burj Dubai, il grattacielo più alto al mondo. Investitori e ricchi possidenti hanno fatto a gara a comprare, determinando un aumento costante degli immobili. Un fenomeno tutto particolare era quello del flipping, per il quale le case venivano comprate e vendute anche tre volte prima di essere costruite, apprezzandosi a ogni giro. Si capisce quindi come una volta finito questo “doping”, l’economia di Dubai rischi ora di bruciare in un falò miliardi e miliardi di dollari. E con loro le ambizioni da capitale del lusso del Medio Oriente, pronta ad accogliere facoltosi turisti occidentali.
Del resto a Dubai è venuta a mancare sul più bello la benzina di ogni espansione basata sul cemento: la liquidità. A causare lo scoppio della bolla infatti ci ha pensato il credit crunch: le banche in difficoltà per la crisi globale hanno cominciato a razionare i mutui e di conseguenza la possibilità di acquisto di case e uffici. Mentre fino a qualche tempo fa concedevano prestiti sulla base di un anticipo del 10 per cento, questa percentuale è presto salita al 40.
Una stretta inevitabile, perché parecchi istituti di credito non se la passano bene: il governo degli Emirati Arabi è dovuto intervenire la scorsa settimana per salvare due banche in difficoltà. Ad aggravare il quadro c’è poi il tonfo della borsa locale, che da gennaio ha perso circa metà del proprio valore, contribuendo così a bruciare ulteriore liquidità. Tanto che Mohammed Alabbar, presidente della commissione governativa costituita per affrontare la crisi, ha dovuto smentire le voci di un possibile default finanziario di Dubai. Certo è che se la città riuscirà a scavallare la crisi, la sensazione è che nulla sarà come prima. Un motivo in più per esserci, alla “festa del secolo”.