La Chiesa copta, Mubarak e lo zampino del diavolo
Federica Zoja 21 marzo 2007

Il Cairo

Una comunità in evoluzione, alle prese con movimenti tellurici interni che ne dividono i fedeli fra tradizionalisti e modernizzatori e, all’esterno, la costringono a difendere i diritti acquisiti di fronte all’avanzata del radicalismo islamico. Assente dal dibattito politico sulle riforme costituzionali volute dal presidente Hosni Mubarak, la Chiesa copta ortodossa d’Egitto sembra aspettare dietro le quinte, raccogliendo le forze. Il commento di padre Morkos Aziz Ghalil, sacerdote della Chiesa Sospesa del Cairo, opinionista per diversi organi della stampa egiziana, scritta e audiovisiva.
“Quanti siano davvero i cristiani copti in Egitto è un segreto militare – riferisce amaramente il religioso – i paesi musulmani hanno tutto l’interesse a sminuire la presenza cristiana al loro interno”. Le autorità non forniscono cifre precise e quando lo fanno sono sempre al ribasso, sostiene il pope. Ufficialmente si parla del 10% circa della popolazione egiziana – copti ortodossi in maggioranza, cattolici circa 250.000 – che avrebbe superato i 75 milioni. Il censimento disposto negli ultimi mesi dovrebbe fornire numeri aggiornati fra poche settimane.

“Eravamo sette milioni nel 1919 – ribatte l’opinionista, abituato a difendere con energia la propria identità – ora la comunità copta comprende fra i 15 e i 18 milioni di persone. Anche ai tempi di Sadat (Anwar Sadat, presidente assassinato per mano di gruppi islamici integralisti il 6 ottobre ’81, ndr) si dicevano cose senza senso, che eravamo due milioni, una vera barzelletta”. Eppure, persino il sito d’informazione della diaspora copta statunitense riferisce una cifra complessiva incerta, compresa fra dieci e dodici milioni, formata da copti cattolici, ortodossi e protestanti. Una minoranza corposa che negli ultimi anni ha perso progressivamente peso politico ed economico, emarginata dalla maggioranza musulmana. Ora fronde interne, secondo quanto riferito dai giornali, ne incrinano l’unità, mettendo in discussione l’autorità di Papa Shenouda III. Portavoci esautorati, vescovi rimossi da incarichi di responsabilità o espulsi dal Sinodo, prelati ‘eretici’ che rivendicano nuove interpretazioni della dottrina religiosa.

“La Chiesa copta, in particolare quella ortodossa, è molto forte, solida al suo interno. Certo, ogni tanto ci mette lo zampino il diavolo, come ovunque, e invia qualcuno a creare problemi, ma siamo in grado di superarli”, afferma Aziz Ghali. L’impressione è che la comunità copta, come una tartaruga che rientra nel proprio guscio, abbia più che mai chiuso le porte verso l’esterno e preferisca lavare i panni sporchi in famiglia. “Il potere del papa non è in discussione, i giornali scrivono quello che vogliono, ma non c’è niente di vero. Né il papa né i prelati affidano i segreti della chiesa alla stampa. Basta la foto di Papa Shenouda per far vendere di più un giornale, sia per i cristiani sia per i musulmani”. A dimostrazione del fermento religioso vissuto dalla società egiziana, non passa giorno senza che, dal Cairo, la moschea universitaria di Al Azhar, massima autorità islamica sunnita, si esprima su fatti di attualità di ogni genere. Ormai la laicità della Repubblica egiziana è un ricordo lontano, sostituita da un’identità islamica fra le più conservatrici nel panorama del mondo arabo.

Nell’ambito del dibattito sulle modifiche alla Costituzione, l’opposizione laica al regime di Mubarak avrebbe voluto che si rivedesse l’articolo 2, secondo cui ‘L’Islam è la religione dello Stato, la lingua araba è la sua lingua ufficiale. La Sharia (la legge islamica, ndr) è la fonte principale della legislazione’. “Gli emendamenti costituzionali sono molto importanti – commenta padre Morkos – la Sharia islamica è la religione ufficiale dello Stato egiziano, ne rappresenta la matrice religiosa, però questo è diventato più che mai motivo di discriminazione nell’Egitto di oggi. Eppure siamo anche noi cittadini egiziani”. A ben vedere, i copti rappresentano le radici egiziane, pre-arabe e pre-islamiche. Quella copta è l’etnia più antica, convertita al Cristianesimo da San Marco.

Le strategie della discriminazione sono tante: lunghe pratiche e mille autorizzazioni per costruire una chiesa, aprire un esercizio commerciale, una scuola, un centro culturale; carriera limitata nella pubblica amministrazione, per non parlare della vita politica, quasi del tutto inaccessibile. Nell’Assemblea popolare si contano sulle dita di una mano i rappresentanti copti, “messi lì giusto per completare il quadro”, precisa padre Ghali. Non mancano gli episodi di violenza fra estremisti copti e musulmani, i più recenti ad Alessandria e in alcuni centri abitati del Delta del Nilo.
L’impressione è che l’Egitto stia “facendo le prove”, riflette il religioso, in vista di una trasformazione in senso radicale.

Eventualità paventata dalla minoranza religiosa già in occasione delle ultime elezioni legislative, quando, nonostante brogli ed irregolarità orchestrati dal partito di maggioranza – il Partito nazionale democratico (Ndp) – l’exploit della Fratellanza musulmana ha sorpreso tutti: 88 deputati eletti come indipendenti all’Assemblea del popolo, la camera bassa del Parlamento egiziano, composta complessivamente da 444 seggi, più dieci di nomina presidenziale. Ma anche i movimenti politici islamici “hanno bisogno dei soldi e dell’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione europea”, quindi sanno di dover rimanere entro certi limiti. Se in Parlamento si affermerà in futuro una linea musulmana “le cose peggioreranno, bisognerà comprare la tranquillità con i soldi, ogni diritto sarà da acquistare”, conclude il padre. Ne consegue che il regime di Hosni Mubarak – ed eventualmente il passaggio di potere al figlio o a un esponente di spicco dell’Ndp – rappresenta un’ancora di salvezza per gli egiziani copti: una dittatura militare, seppure sempre più intollerante verso qualsiasi oppositore, è pur sempre il male minore, si dice apertamente nei circoli cristiani del Cairo.

E la repressione feroce di Mubarak nei confronti dei Fratelli musulmani – tollerati, ma ufficialmente illegali – non suscita certo l’indignazione dei concittadini cristiani. Al momento, per evitare polemiche e tensioni, Papa Shenouda ha invitato i fedeli a non prendere parte al dibattito costituzionale e a non esporsi su questioni politiche. Ma il rischio, secondo le voci critiche interne alla Chiesa Copta, è di favorire la segregazione della comunità, di ‘scavarsi la fossa con le proprie mani’.