Sembrerebbe che Ahmadinejad sia nei guai, e non solo con gli Stati Uniti o con le Nazioni Unite, ma con il leader supremo in persona, l’Ayatollah Khamenei. La popolarità del presidente sta rapidamente diminuendo via via che le sue politiche economiche falliscono e la retorica sul nucleare soffia. Secondo un sondaggio pubblicato dalla televisione nazionale, Ahmadinejad gode di un magro 35% dei favori popolari. Per avere un’idea della situazione, basta riflette su quanto segue. Se sono fortunati e guadagnano un salario medio, gli iraniani hanno a disposizione circa 100$ al mese. L’inflazione è cresciuta così tanto che quando vanno a fare la spesa nel negozio di alimentari, trovano difficilmente i pomodori perché il loro prezzo è diventato altissimo. Kebab, insalate e prelibatezze iraniane sono lasciate disgraziatamente senza un ingrediente fondamentale: il pomodoro. E’ un piccolo dettaglio se paragonato alle questioni economiche in generale, ma dà un’idea di come possano sentirsi frustrati.
Dopo la sconfitta nelle elezioni locali dello scorso dicembre, il presidente iraniano ha dovuto affrontare le critiche aperte di 150 membri (dei 290) del Majlis, il parlamento iraniano, i quali gli hanno chiesto di attenersi alle loro condizioni nella definizione del budget per il nuovo anno iraniano, che inizia questo mese. Nel frattempo gli studenti universitari hanno manifestato contro le sue politiche e numerosi giornali hanno avanzato alcune riserve sul suo riguardo. Massih Alinejad, che lavora per il giornale iraniano riformista Etemaad-e Melli, ha spiegato al Courrier International la ragione per cui il suo giornale ha rimproverato Ahmadinejad: “Ho preso uno dei suoi discorsi durante la campagna elettorale e l’ho confrontato con quello che dice oggi. Continua a fare promesse sulla lotta alla povertà come se stesse ancora in campagna elettorale. Allo stesso modo, aveva assicurato che avrebbe rivelato alcuni segreti riguardo la corruzione che sta avvelenando la nostra vita politica ed economica. Eppure non l’ha mai fatto”.
Vale la pena notare che le critiche contro Ahmadinejad non provengono solo dal fronte riformista. Secondo l’ Economist, “i conservatori nel parlamento e nella stampa iraniana lo accusano per i suoi dispendi esagerati in patria e le sue millanterie all’estero a causa del crescente malessere economico e della sgradevole sensazione di trovarsi ancora più direttamente nella linea di fuoco degli americani”. Il settimanale britannico continua lanciando un’ipotesi significativa: “Sembrerebbe che un gruppo di anziani del regime, tra cui forse il leader supremo, l’Ayatollah Khamenei, abbiano appoggiato le critiche.” Di fatto, Jomhoury Eslami, un quotidiano conservatore di Teheran, noto per essere vicino a Khamenei, ha avvertito il presidente: “Il governo non deve essere sordo ai suoi consiglieri ricorrendo alla scusa che è in contatto diretto con il popolo. Che lo voglia o no, ha bisogno di una serie di consulenti non-governativi che supportino le sue azioni”. L’idea di una frattura tra Khamenei e Ahmadinejad viene sostenuta da Abbas Milani, direttore del programma di studi iraniani all’Università di Stanford. Milani crede che la maggioranza della leadership iraniana, eccetto Ahmadinejad e il suo gruppo, ha capito che lo scontro con l’Occidente non porterà da nessuna parte e potrebbe essere pericoloso.
Questa è la ragione per cui Ali Larijani, capo negoziatore del programma nucleare iraniano, ha partecipato alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, all’inizio di febbraio. E forse questo spiega anche perché Ali Akbar Velayati, consulente capo per gli esteri di Khamenei, abbia dichiarato che c’è la possibilità di sospendere l’arricchimento dell’uranio. Pressoché la stessa cosa è stata detta da Ali Rafsanjani, che aveva concorso alla presidenza come avversario di Ahmadinejad ed è tuttora un importante insider. Rafsanjani ha dichiarato che la Repubblica Islamica sta valutando la proposta di Vladimir Putin di sospendere l’arricchimento di uranio per iniziare a negoziare seriamente con le Nazioni Unite. Che cosa vuol dire tutto questo? Khamenei e Ahmadinejad hanno rotto definitivamente? Quali saranno le ripercussioni sul prossimo futuro di Teheran? Gli esperti ritengono che Ahmadinejad rimarrà, almeno fino alle prossime elezioni parlamentari nel 2008. Farlo cadere ora farebbe soltanto apparire l’Iran troppo fragile agli occhi dell’Occidente. Ma bisogna anche essere cauti perché l’apparente apertura di Khamenei non significa necessariamente che l’Iran smetterà di inseguire il proprio programma nucleare. Sembra che la frattura tra i due sia più nella forma che nella sostanza, e che i rimproveri di Khamenei siano intesi a calmare i bollenti spiriti di Ahmadinejad e ad avvertirlo che deve affrontare in maniera più consapevole i problemi interni dell’Iran, come ad esempio la crisi economica. Questo offre nuovi spazi ai negoziati, specialmente se gli Stati Uniti capiranno come sfruttare queste differenze, differenze che una guerra potrebbe soltanto ricomporre.