Fu’ad Zakariyya, per un razionalismo liberale
Nicola Missaglia 11 luglio 2011

Fu’ad Zakariyya, nato nel 1927 a Port Said, in Egitto, e recentemente scomparso (marzo 2010), può essere collocato – insieme al connazionale Muhammad Al-Ashmawi e al più conosciuto Sadik Al-Azm – nella corrente laicista del pensiero musulmano contemporaneo. Più accentuata è tuttavia la sua tendenza, ereditata dal pensatore positivista egiziano Zaki Najib Mahmud (1905-1993), a insistere sull’importanza dell’epistemologia scientifica per contrastare ogni tendenza mistica e esoterica. Come spiega lo storico Massimo Campanini, il pensiero di Zakariyya si situa infatti su una linea di confine e di contatto tra scientismo e liberalismo.

Più precisamente, l’invito che Zakariyya rivolge ai musulmani e soprattutto agli intellettuali arabi – vittime e allo stesso tempo responsabili di quello che egli chiama il «sottosviluppo intellettuale arabo» – è quello di mettere a frutto quella cultura razionalista e, in un certo qual senso, «laica» che già nel medioevo era appartenuta al patrimonio filosofico e scientifico del mondo musulmano. Se, proprio grazie a tale patrimonio, «in un dato periodo storico, la scienza e il pensiero arabi hanno rappresentato il nec plus ultra della cultura mondiale», a «tale periodo luminoso è seguita una lunga fase di stagnazione durante la quale il livello raggiunto dal passato fu praticamente dimenticato», portando gli arabi a sviluppare un rapporto acritico e soprattutto astorico con il proprio passato e con l’eredità (turath) religiosa e culturale islamica, percepita come una realtà fissa e immutabile.

«Il turath autentico – spiega Zakariyya nell’opera Laicité ou islamisme: les Arabes à l’heure du choix (al-Fikr, 1991) – è quello che si fonde in maniera continua nel movimento storico per divenirne un elemento indissociabile», mentre il rapporto statico e «alienato» degli arabi con il loro passato sarebbe alla base dell’assurdo tentativo, fatto proprio in primo luogo dal fondamentalismo estremista ma non solo, di «cercare nel passato scomparso del turath delle risposte definitive ai problemi del tempo presente».

Un «rinascimento» intellettuale simile a quello che nel XV e XVI secolo interessò il mondo occidentale, insiste il filosofo egiziano, nel mondo arabo contemporaneo deve necessariamente passare per una riappropriazione, da parte dell’Islam e dei musulmani, della propria storicità, contro l’ipostatizzazione del passato e dell’eredità islamica.

Pur approdando a una visione spesso ingenuamente idealizzata dell’uomo e della cultura occidentali – e quindi a un punto di vista eccessivamente «esterno» rispetto alla cultura araba di cui auspica il «rinascimento» –, la ricerca di un connubio tra razionalismo scientifico e laicismo intorno alla quale si articola il pensiero di Fu’ad Zakariyya gli vale il merito di aver gettato delle basi teoreticamente ancora incomplete ma senz’altro efficaci da un punto di vista «pedagogico» per un rinnovamento della cultura islamica, nel suo rapporto con la modernità e con la propria storia.