Fatema Mernissi, decostruire la misoginia
Giancarlo Bosetti 5 August 2011

Fatema Mernissi, marocchina, ha insegnato sociologia all’Università «Mohammed V» di Rabat, in Marocco, ma è più nota in Italia e in tutto il mondo per i suoi romanzi. Si è distinta per le coraggiose prese di posizione a favore della libertà e dei diritti umani da un punto di vista secolare. Questa studiosa ritiene i precetti del Corano pienamente compatibili con i principi di libertà e si è applicata a mettere in evidenza quei passaggi che hanno un contenuto umanistico, che condannano gli abusi del potere politico in generale e l’oppressione delle donne in particolare.

La Mernissi ha il merito di avere aperto la strada al femminismo islamico: per l’uguaglianza tra uomini e donne, contro la violenza, per l’attuazione dei diritti femminili su divorzio ed eredità in base all’ispirazione coranica, «perché – come ha scritto – già a Medina le donne erano cittadine con pieno diritto». La scrittrice sostiene che non per caso proprio questi diritti, riconosciuti nelle parole del Profeta, non sono sopravissuti nella tradizione musulmana, della Sunna e della shari’a, ma al contrario le interpretazioni relative al tema sarebbero state riportate con imprecisione, fino a cambiarne il senso.

Attraverso il metodo dell’ijtihad, ha cercato di decostruire le basi di questa misoginia. L’atto di coraggio di rileggere e reinterpretare le fonti coraniche in chiave liberale e umanistica ha provocato nei suoi confronti numerose critiche e minacce da parte dei tradizionalisti. Ma dal suo esempio si è sviluppato un femminismo islamico e poi anche una teologia femminista, che ritroviamo in Amina Wadud. Grazie al suo successo di scrittrice le sue idee si sono diffuse al di fuori dell’area riservata agli specialisti. L’innovativa legge di famiglia marocchina, la Moudawana, del 2004 è la conseguenza anche dell’azione di donne ispirate dal suo lavoro.

Ai giovani musulmani Fatema Mernissi chiede oggi di non seguire ciecamente il dettato dei tradizionalisti e dei letteralisti e si mostra fiduciosa verso il rivitalizzarsi di un pensiero critico alimentato anche dalla rivoluzione tecnologica della rete e dalle 500 tv satellitari arabe. La sua fiducia nella gioventù musulmana si è manifestata in questi anni, anche attraverso le pagine di «Reset», al punto che è giusto attribuirle una certa capacità di previsione degli eventi in corso nel mondo arabo, quando immaginava la natura di un’evoluzione politica, per niente islamista, in cui la propaganda politica di molti regimi in carica non avrebbe più avuto presa su una gioventù interessata ai consumi, al benessere, al lavoro, alla musica. «90 canali tv sono dedicati soltanto alla musica; ciò sta incidendo sulla cultura molto più delle discussioni teologiche. Intanto le donne nell’Islam sono forti e costituiscono un potere strategico, hanno invaso la Tv, la nuova industria, e al contempo detengono il potere all’interno della famiglia».

Tra i suoi libri tradotti in italiano, segnaliamo Le donne del profeta, (ECIG, 1992), La terrazza proibita, (Giunti, 1996), L’harem e l’Occidente, (Giunti, 2000), e Islam e democrazia (Giunti, 2002).

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