Damasco
Il più grande maestro del pensiero critico accademico nell’Egitto dei giorni nostri è venuto a mancare. Se ne è andato troppo presto, troppo prematuramente, lasciando un buco nero nei cuori e nelle menti dei suoi ammiratori, studenti, colleghi, lettori, amici e di tutti gli intellettuali critici e spiriti liberi nel mondo arabo e altrove. Certamente ne ha lasciato uno ancor più grande in seno alla scena culturale, intellettuale e accademica del mondo arabo, oggi così avvilita e avvilente. Noi tutti ne piangiamo la perdita ed esprimiamo tutta la nostra vicinanza e le più sincere condoglianze alla sua famiglia e ai parenti, ma soprattutto alla sua ammirevole e addolorata moglie, la professoressa Ebtehal Younes.
Come ben sappiamo, la sua pazienza e determinazione nella dura prova a cui è stata sottoposta assieme al marito sono state magistrali, e la sua forza d’animo e perseveranza di fronte a questa grave perdita rimangono esemplari. Nasr è il più moderno discendente della lunga successione di intellettuali arabi coraggiosi, audaci, schietti e critici, risalente alla fine del XIX secolo con Qassim Amin, i quali hanno adottato e fervidamente difeso le posizioni più illuminate, progressiste e avanzate del loro tempo sulle principali questioni che tuttora agitano le società arabe e musulmane: progresso, rinnovamento, sviluppo, istruzione, emancipazione femminile, laicità, democrazia, diritti umani, eredità, Islam, modernità, scienza, razionalità e così via.
È certamente un segno dei tempi, per così dire, che nel 1992 una commissione accademica dell’Università del Cairo, anziché giudicare le pubblicazioni di Nasr in vista di una sua promozione, formulò nei suoi confronti l’accusa di manifesta apostasia. Com’è ben noto, alcuni professori-Mullah islamisti lo perseguitarono fino a ottenere un’ordinanza di tribunale che gli imponeva di divorziare dalla moglie, con la motivazione che una donna musulmana non può sposare un apostata. In tutta questa vicenda, naturalmente, nessuno si è premurato di sentire il parere della «donna».
Durante il successivo soggiorno nei Paesi Bassi, Nasr sublimò il dramma in una perla di libro con titolo in rima che coglie ed espone in chiave ironica la condizione tragicomica in cui oggi si trovano i pensatori critici nel mondo arabo: Al Tafkir Fi Zaman Al-Takfir, che liberamente tradotto sta per: «Provare a pensare nel tempo dell’apostasia». Nella sua Critica del discorso religioso, Nasr era già arrivato alla conclusione, rivelatrice e sensazionale, che non c’è alcuna differenza reale o sostanziale tra quelli che vengono identificati come i discorsi islamici moderati e mainstream da un lato, e i cosiddetti discorsi islamici violenti ed estremistici dall’altro.
Tra i due tipi di discorso esistono, se mai, solo differenze di grado, non di qualità. Tanto è bastato per attirargli l’ira cieca e l’ostilità delle forze e istituzioni islamiche in Egitto, moderate e non. Come cittadino di Damasco, sono fiero di poter dire che la capitale siriana fu la prima città nel mondo arabo e islamico ad avere l’audacia di ospitare apertamente e pubblicamente Nasr Hamid Abu Zayd durante il lento viaggio di ritorno al suo ambiente naturale e, infine, alla sua vera città, il Cairo. Nasr arrivò a Damasco nel maggio del 1999, in qualità di ospite della casa editrice Al-Mada e del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Damasco, per un primo incontro faccia a faccia con il suo pubblico di ammiratori, critici e lettori arabi.
In quella sera di primavera insolitamente afosa, la Damasco istruita e meno istruita, colta e meno colta prese letteralmente d’assalto la grande sala in cui Nasr avrebbe tenuto la sua lezione. Furono accesi tutti i monitor tv e, grazie agli altoparlanti, anche la folla che si era radunata all’esterno, davanti all’ingresso del Centro culturale Mezzeh, poté ascoltare la conferenza. L’incontro, fatto di dibattiti, dialoghi e botta e risposta, si protrasse per quattro ore intense e illuminanti. In quell’indimenticabile occasione ebbi l’onore di fare da presentatore, moderatore e interlocutore di Nasr Hamid Abu Zayd. L’evento è di fatto rimasto impresso nella memoria culturale collettiva di Damasco. Nasr affrontò il concetto di “discorso” senza portarlo all’esagerazione di un “discorso” totalizzante.
Affrontò il concetto di “testo”, e in particolare di testi religiosi, senza dimenticare che esiste un mondo oltre il “testo” o dissolvere in qualche modo tutta la “realtà” in testi che sembrano generare all’infinito altri testi e nulla più. La sua ermeneutica, le molteplici interpretazioni e le letture alternative dei testi – religiosi e di altro tipo – non l’hanno mai portato al nichilismo della “fine di ogni significato” e alla “morte di ogni intento autorale”. Era certamente un uomo di mondo, una persona abbastanza seria da non lasciarsi contaminare da quella deformazione professionale che sembra impedire a molti di dare un senso al mondo se non in termini di programmi di ricerca promettenti e/o deludenti.
(traduzione di Enrico Del Sero)