Le elezioni e gli immigrati. Guardando la partita dalla tribuna
Amara Lakhous 29 April 2008

Ogni volta che si avvicinano le elezioni, mi invade un sentimento di invidia e di frustrazione. È normale? Forse assomiglio a quel bambino escluso dalla festa di compleanno di un compagno di classe, oppure a un giocatore mandato in panchina dall’allenatore perché non è degno di disputare una partita decisiva. Ahimè! Sono extracomunitario, e anche se pago le tasse non ho nemmeno il diritto al voto amministrativo! Così ho “partecipato” alla partita delle ultime elezioni non dalla “panchina”, ma dalla “tribuna”. Da “spettatore”, ho seguito due tempi in cui ci sono state una vittoria schiacciante e una sconfitta senza appello.

Il primo tempo


La campagna elettorale era davvero combattuta. Lo spettacolo era assicurato. I candidati hanno preferito giocare in attacco per vincere: abbassare le tasse, salvare Alitalia, espellere i clandestini, ecc. Il catenaccio in politica è sempre controproducente perché bisogna dare l’impressione di imporre il proprio gioco e non mostrarsi in difficoltà. La mia condizione di “escluso” mi ha permesso di vivere la partita in modo distaccato, direi neutrale. Questo era un elemento positivo per fare un pronostico realistico sul risultato finale. Però non era il caso di sbilanciarmi come fanno di solito i sondaggisti. Il giorno prima del voto, sono stato a cena da amici. Si è parlato soprattutto di elezioni. Il tono era quello di Amleto: votare o non votare? Voto utile o voto inutile? Il voto è un dovere o un diritto? Pro o contro Beppe Grillo? Ecc. Qualcuno, sembrava un prete, aveva raccomandato di leggere più volte il libro di Rizzo e Stella “ La Casta ”. Un’altra aveva citato Indro Montanelli: “I nostri politici ci chiedono un atto di fiducia. Non basta la fiducia, ci vuole la fede”. Un’amica, molto indecisa, mi ha perfino invidiato dicendo: “Beato te che non puoi votare!”. La nostra serata si era conclusa con una buona notizia: tutti avevano detto che sarebbero andati a votare nonostante i dubbi. Almeno il rischio dell’assenteismo era scongiurato.

Il secondo tempo

Non c’è stato il pareggio, quindi la Grande Coalizione all’italiana dovrà aspettare. Invece ha vinto il capitano Berlusconi, insieme ai suoi compagni Bossi e Fini. Il quotidiano Il Manifesto, all’indomani del voto, ha pubblicato le foto dei leader della sinistra radicale, Bertinotti, Diliberto, Giordano, Salvi e Pecoraro Scanio con un titolo molto significativo: Sinistra extraparlamentare! In altri termini i comunisti, i socialisti e i verdi sono stati espulsi dal futuro parlamento. La Lega ha superato l’8%. Sarà la terza forza dopo il Pdl e il Pd sia alla Camera sia al Senato. I leghisti non hanno tardato a mostrare i muscoli per quanto riguarda la formazione della squadra di governo. La Lega ha stravinto nel Nord perché ha promesso sostanzialmente di realizzare il federalismo fiscale e una moratoria sull’immigrazione. Sarà molto difficile mantenere la prima promessa almeno nell’immediato. Invece, sull’immigrazione, possono avere le mani libere per fare quello che vogliono. Sembra che il “nuovo” premier Berlusconi abbia preso molto sul serio le richieste o le “minacce” di Bossi, assegnando a Roberto Maroni il dicastero degli Interni.

La legge sull’immigrazione “Bossi-Fini”, promulgata nel 2001 (che il governo Prodi non ha potuto o forse non ha voluto cambiare) è drammatica. Di fatto l’immigrato è diventato vulnerabile, ma soprattutto ricattabile di fonte al datore di lavoro e all’affittuario di casa. È ingiusta perché, collegando il contratto di soggiorno a quello di lavoro, nega di fatto al lavoratore immigrato il diritto di essere disoccupato in un mondo sempre flessibile. E l’incubo di ri-diventare clandestino (la maggioranza assoluta degli immigrati regolari erano clandestini sanati) da un momento all’altro è sempre dietro la porta. Inoltre, non avendo il diritto di voto da mettere sulla bilancia dei rapporti di potere, non c’è nessuna tutela per gli immigrati, al di fuori della propria comunità. Così nascono e fioriscono i ghetti. Dalla tribuna come spettatore, nutro ancora la speranza che la partita delle elezioni non sia conclusa. Spero nel recupero per ribaltare la situazione. Altrimenti saranno tempi durissimi soprattutto per i miei fratelli extracomunitari!

Amara Lakhous è uno scrittore e antropologo algerino. Vive a Roma ed è l’autore del romanzo “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” (Editore E/O, vincitore del premio Flaiano nel 2006).

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