Quello della guerra dei Balcani dell’inizio anni Novanta del secolo scorso, con epicentro Bosnia ed Erzegovina, è stato senza dubbio uno degli scenari più atroci della guerra contemporanea, che ha visto il proliferare di veri e propri banditi di guerra. Uno dei criminali più noti della nostra epoca è Radovan Karadzic, il duce di Pale, ex psichiatra, il leader serbo bosniaco accusato di crimini contro l’umanità e genocidio, arrestato dopo 13 anni di latitanza dalle autorità di Belgrado mentre lavorava come medico, sotto il falso nome di Dragan Dabic, vicino la capitale serba in un ambulatorio privato di medicina alternativa. Si era fatto crescere barba e capelli; secondo le indagini pare che nessuno sapesse chi fosse in realtà, l’uomo che ordinò il massacro nell’enclave di Srebrenica, l’eccidio di un numero imprecisato di civili musulmani, circa 8.000 persone.
Il grande assente dei Balcani nelle celle internazionali è Ratko Mladic, generale serbo bosniaco ritenuto l’esecutore della pulizia etnica condotta a Srebrenica e non solo. Negli anni della latitanza è stato segnalato in numerose località, dai paesi baltici fino in Israele, anche se resta più credibile supporre che anche lui si nasconda in Serbia. Un altro criminale balcanico di spicco è Goran Hadzic, il leader dei serbi della regione croata della Krajina accusato di aver fatto sterminare 250 civili. Secondo indiscrezioni si troverebbe in Bielorussia.
Un’altra fucina di criminali di guerra è il fronte africano. Recente è l’accusa e la richiesta di arresto del procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, contro il presidente sudanese al-Bashir, accusato di genocidio in Darfur, la regione del Sudan occidentale dove in cinque anni sono state uccise circa 300 mila persone. Una condanna che si prevede di difficilissima realizzazione, considerando che la Corte aveva già emesso un mandato di cattura per la pulizia etnica in Darfur contro l’ex ministro dell’Interno Ahmed Harun, ma invece di imprigionarlo Khartoum gli ha affidato un importante incarico istituzionale.
Una delle pagine più sanguinarie della fine del secolo scorso è stata compiuta nei cosiddetti “cento giorni di terrore” in Ruanda, ad opera degli Hutu, costata oltre 800 mila vite umane nella popolazione dei Tutsi e nella parte moderata degli stessi Hutu. Decine di criminali sono stati arrestati e consegnati all’apposito tribunale internazionale. Mancano però ancora nomi celebri, come Augustin Bizimana, ex ministro della Difesa considerato l’ideatore della campagna di sterminio. Oo come il ricco imprenditore Felicien Kabuga, attualmente forse rifugiato in Kenya. Nello specifico la sua società è accusata di aver comprato migliaia di machete, gli stessi usati per uccidere e mutilare le vittime durante i massacri.
Un altro latitante è Joseph Kony, il leader del famigerato Esercito della Resistenza del Signore (LRA – Lord’s Resistance Army) costituito in grande maggioranza dai bambini soldato, gruppo guerrigliero di matrice cristiana attivo nel nord dell’Uganda e alcune parti del Sudan; gruppo che si proclama portavoce di Dio e dello Spirito Santo, intento a instaurare uno stato teocratico. Con il leader è ricercato anche Dominic Ongwen, uno dei guerriglieri più giovani imputati davanti alla Corte internazionale di giustizia, il cui nome di battaglia è un appellativo apparentemente innocuo, White Ant, Formica Bianca. Ma a sottolineare una certa “creatività” dei nomi di battaglia c’è anche quello del ruandese Idelphonse Nizeyimana, conosciuto col nome di battaglia di Terminator.
Una considerazione a parte va fatta sulla Corte penale internazionale, nata fra mille polemiche, riconosciuta da 108 stati, che conta però alcuni grandi assenti. Tra i paesi che hanno firmato ma non ratificato l’accordo figurano infatti gli Usa. Fino ad oggi la Corte ha portato a scarsi risultati e il tribunale dell’Aia è tutt’altro che privo di ombre. In realtà i criminali di guerra spesso vivono di connivenze presso le forze politiche dei paesi stessi in cui i crimini sono stati commessi. Radovan Stankovic è un serbo condannato a 20 anni per lo stupro di varie donne bosniache internate in un lager di Foca; e proprio là era stato trasferito dal tribunale dell’Aia per scontare la pena. Ma le guardie si sono “distratte” durante una visita medica e Stankovic è scappato. Nel 2007 l’ex generale croato Mladen Markac, mentre doveva attendere il processo per crimini di guerra agli arresti domiciliari a Zagabria, è stato ripreso da un fotografo durante una battuta di caccia con il ministro degli interni, dimessosi subito dopo perché il governo croato aveva assicurato ai giudici del tribunale per l’ex Jugoslavia che Markac non avrebbe lasciato il domicilio. Un caso, purtroppo, tutt’altro che isolato.