“Ma Cristo le avrebbe lasciate costruire”
Silvio Daneo intervistato da Amara Lakhous 12 October 2007

Perché la costruzione di una moschea suscita sempre tante polemiche?

Una delle cause la individuo nel pessimo servizio reso dai media sull’argomento. È fin troppo evidente che mettere in circolo una notizia circa la costruzione di una moschea provocherà polemiche. I media fanno di tutto perché la polemica si accenda, così rimane vivo l’interesse del pubblico e si esasperano maggiormente gli animi. A questo punto intervengono i più prestigiosi talk show televisivi che, normalmente, buttano benzina sul fuoco e non di rado sono “faziosi”. La gran parte della gente comune identifica questo bombardamento mediatico con la verità, non si rende conto che sono informazioni parziali, addomesticate se non, a volte, addirittura false. Sono centinaia i luoghi di culto musulmani (moschee di fatto) su tutto il territorio nazionale, spesso in locali prestati da parrocchie cattoliche. La gente questo non lo sa, se non coloro che abitano nelle vicinanze di questi luoghi. Ma se si scopre che in una moschea o in luoghi di culto musulmani un imam è sospettato di collaborazionismo coi terroristi, o che predica la violenza (cose purtroppo a volte successe), allora sono titoli da prima pagina, ne parlano i telegiornali, ne discuteranno con ogni probabilità anche i talk show. Tutti sapranno queste notizie negative. Va da se che la gente comune farà l’equazione “moschea = covo di terroristi”. Quando ero ragazzo e abitavo negli Stati Uniti, oltre quaranta anni fa, per moltissimi americani un italiano era necessariamente un mafioso. Aggiungerei che un ruolo notevole in queste polemiche lo assumono alcuni uomini politici che con certe loro prese di posizione irrazionali e dichiarazioni velenose influiscono molto negativamente sull’opinione pubblica. A questi personaggi non importa granché il bene comune, la convivenza pacifica. Pensano piuttosto ai loro interessi politici che dalle polemiche possono trarre enorme vantaggio, agevolati moltissimo dalla diffusa ignoranza della gente.

Come giudica l’uscita di Roberto Calderoni, esponente della Lega Nord, sul Maiale Day? È un atto comico oppure un atto offensivo preoccupante?

Non penso si possa considerare un atto comico. A mio giudizio il signor Roberto Calderoli è totalmente privo di umorismo; non di rado fa sorridere, ma non per lo “humor”. Non credo nemmeno che possa ritenersi preoccupante la proposta di promuovere un “maiale-day”: è talmente priva di ogni buon senso e grottesca, pur pesantemente indecente, che è morta sul suo nascere. Se avesse davvero organizzato tale manifestazione, vi avrebbero partecipato alcuni tra i più scatenati membri del suo partito, gente che, tutto sommato, quando la si vede al telegiornale, lascia alquanto perplessi. La stragrande maggioranza degli italiani non si identificherebbe mai con queste prese di posizione così estremiste. Mi è piaciuta invece la battuta dell’onorevole Paolo Ferrero, Ministro della Solidarietà sociale, che ha detto: “L’On. Calderoli si intende certamente più di maiali che di Islam, ma un po’ più di rispetto per i convincimenti religiosi altrui non guasterebbe”. Penso che avesse ragione. Lo stesso portavoce dell’UCOII (Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia), signor Issedin Elzir, dopo aver accusato Roberto Calderoli di incitare all’odio religioso e di non conoscere l’Islam, ha detto: “Il maiale i musulmani non lo mangiano, proprio come gli ebrei, ma se l’animale passeggia su un terreno non fa nessuna differenza”.

È possibile parlare di islamofobia all’italiana?

Penso di si. Anche se più a livello “inconscio” direi. Raramente un italiano interrogato su questo punto ammetterebbe che in Italia esiste questo fenomeno. In questi ultimi anni ho sentito parlare molti esperti su questo argomento. Ci sono le evidenze documentate – dicono – che da anni, anche in Italia, è in corso una vera e propria campagna denigratoria, destinata a creare nell’opinione pubblica una diffusa antipatia verso l’Islam, e di conseguenza verso i musulmani. Ci sono degli architetti esperti dietro tutto questo, trai i quali degli uomini politici. I mass media sono evidentemente il canale preferito per portare avanti questa campagna. In pratica quasi mai si mette in luce il positivo che c’è, gli innumerevoli esempi di armoniosa convivenza di musulmani e cristiani su tutto il territorio italiano. Quante associazioni per il dialogo funzionano e portano frutto, quante iniziative! Ma, purtroppo, ciò che normalmente si legge sui giornali o si vede alla TV sull’Islam o sui musulmani è perlopiù negativo, se non addirittura criminale: non passa giorno, quasi, che non si senta qualcosa sul terrorismo o antiterrorismo ed il fenomeno è tristemente ed ingiustamente equiparato all’Islam. È dunque indispensabile che i musulmani e i cristiani di buona volontà, e ce ne sono tanti, si uniscano e reagiscano a questo stato di cose, moltiplicando le iniziative per dimostrare che la realtà è diversa da quella che viene normalmente presentata all’opinione pubblica.

Quelli contrari alla costruzione delle moschee evocano il principio della reciprocità. Secondo lei questo principio non è in contraddizione con il messaggio di Cristo?

Intanto mi sembra di dover fare una precisazione, basata sulla mia personale esperienza. Ho abitato per anni in Paesi prevalentemente musulmani. Molti altri li ho visitati per brevi periodi. Devo dire che in quasi tutti ho trovato delle chiese Cristiane, Cattoliche, con fiorenti comunità, spesso con scuole confessionali aperte a tutti, e mi è sembrato di capire che in nessun posto si potesse parlare di mancanza di libertà religiosa, sia per le comunità che per il clero. Certo in alcuni posti i cristiani sono, a volte, pesantemente discriminati, come in Pakistan per esempio. Ma l’unico paese dove è rimasta la più totale intransigenza e intolleranza nei confronti delle altre religioni, all’infuori dell’Islam, è l’Arabia Saudita. Rimasi molto stupito quando anni fa ebbi la possibilità di ascoltare dal Ministro degli Esteri saudita che “da parte del Governo saudita non ci sarebbero reali difficoltà a concedere permessi per la costruzione di chiese cristiane: per la comunità cattolica, per esempio, che grazie alla massiccia immigrazione dalle Filippine, India, Sri Lanka ed altri paesi asiatici, conta ormai oltre 300.000 fedeli. Tuttavia la ostinata posizione contraria dei mullah non rende per ora possibile questo sviluppo”. Si sente parlare costantemente della reciprocità e la maggioranza pensa, erroneamente, che nei paesi musulmani sia proibito costruire chiese cristiane. Ciò è falso. Ad eccezione dell’Arabia Saudita e forse il Sultanato del Brunei, e lo era in Afganistan con i Talebani recentemente e con i Sovietici prima, in tutti gli altri paesi musulmani esistono chiese cattoliche e di altre confessioni cristiane.

Il principio “do ut des” che si può tradurre “do per poter ricevere in cambio”, risale alla cultura dell’antica Roma ed è certamente ampiamente usato oggi. Ma non contiene neppure l’ombra degli insegnamenti di Cristo! Non esiste in nessun versetto dei quattro Vangeli che narrano le opere e gli insegnamenti Suoi. Quindi Gesù non ha mai usato questo criterio di reciprocità “interessata”, e tantomeno lo ha insegnato; piuttosto ha detto: “Da’ e riceverai”, il che è ben diverso! Gesù parla di un “dare” senza aspettarsi nulla in cambio, eppure, proprio perché questo dare è amore, prima o poi verrà reciprocato. La reciprocità richiesta da Cristo per ciò che riguarda i rapporti si fonda su un comandamento ben preciso ed esigente dato a tutti i suoi discepoli: ”Amatevi reciprocamente, l’un l’altro, come io vi ho amati” (Gv.13,35). Questo è cristianesimo! È evidente quindi come la reciprocità intesa in questo caso come ‘Vi lasciamo costruire le Moschee qui se ci lascerete costruire le chiese là’, non abbia nulla di evangelico e stride quindi con quelli che sono gli insegnamenti di Cristo. Non dimentichiamo tuttavia che abbiamo già molte moschee in Italia (basti pensare che la moschea di Roma è la più grande in Europa ed ha un Centro Culturale Islamico annesso fra i più prestigiosi). Si tratta, credo, di proseguire il cammino il più serenamente possibile, non lasciandosi intimidire da nulla e da nessuno. Piuttosto si debbono rispettare le leggi di ciascun paese che prevedono le regole e le modalità per tutte le costruzioni, incluse quelle per il culto.

Come valuta la dichiarazione di Mons. Ernesto Vecchi: “La Chiesa è contraria e rifiuta il parallelo moschea-parrocchia, poiché la parrocchia appartiene al tessuto sociale del popolo italiano, la moscha invece è qualcosa che si introduce”?

È difficile dare la valutazione di una frase, soprattutto quando essa è estratta da un contesto più ampio. Mi meraviglio però che Mons. Vecchi non abbia fatto dichiarazioni chiarificatrici in merito a questa frase riportata da molti giornali. Infatti le sue parole si prestano ad essere assai male interpretate. Prese testualmente possono davvero essere contestate; se poi, come pare, sono pronunciate a nome della “Chiesa”, rischiano di essere contrarie all’ insegnamento ufficiale della Chiesa Cattolica in materia di Dialogo Interreligioso. Innumerevoli sono i paesi del mondo dove la Chiesa Cattolica ha portato l’annuncio del Vangelo, quando ancora non esisteva nessun elemento culturale cristiano, le centinaia di migliaia di chiese che vennero costruite furono sempre e necessariamente “qualcosa che si introduceva” per usare le parole dette dal vescovo, in questo caso erano le chiese cattoliche ad esserlo, non le moschee o i templi. Ora quelle chiese cristiane e relative comunità, spesso con le loro scuole, sono perfettamente inserite nel tessuto sociale, dove si “introdussero” e, spesso, ne fanno ormai parte integrante, sono rispettate, pur restando minoranza. Non credo proprio che la comunità musulmana di Bologna pretenda di costruire una moschea accanto ad ogni parrocchia della città. Si tratta, penso, di una moschea corrispondente a forse più di cento parrocchie. Ma più che commentare le parole del vescovo, vorrei piuttosto soffermarmi sul fatto che parecchi vescovi, sacerdoti, religiosi e gente “di chiesa” sembrano dimenticare alcuni documenti fondamentali del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Concilio fu una impressionante assise di oltre 2,500 vescovi convenuti a Roma da ogni angolo della terra che lavorarono un lustro per dare veramente un nuovo volto alla Chiesa Cattolica. Vennero redatti ben 16 documenti conciliari. Al termine di quei cinque anni di lavori correva l’ Anno 1965. In questi ultimi tempi, circa gli insegnamenti del Vaticano II, in alcuni campi, si stanno assumendo degli atteggiamenti preoccupanti.

Potrei citare tanti testi, tante dichiarazioni congiunte fatte al termine di incontri interreligiosi a livello mondiale, non di rado convocati dalla Chiesa Cattolica in questi decenni, spesso con la presenza del Pontefice stesso. Ma cito soltanto un breve passo della Dichiarazione conciliare su “Le relazioni della Chiesa con le Religioni Non Cristiane” altresì conosciuto come “Nostra Aetate” (28 ottobre 1965). Il paragrafo 3 riguarda i “punti di contatto con i musulmani e l’invito ad una mutua comprensione”. Recita al Paragrafo a: “La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, Creatore del Cielo e della terra. (…) Venerano Gesù Cristo come Profeta, onorano la Sua Madre, Vergine Maria e talvolta pure la invocano con devozione”. Paragrafo b: “ Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il Sacrosanto Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione nonché a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”. La Dichiarazione, dopo aver condannato ogni sorta di odio, discriminazione, e persecuzione per motivi di razza, di colore, di condizione sociale, di religione, ricorda che “chi non ama, non conosce Dio” (1 Gv. 4,8) e scongiura tutti i cristiani di mantenere fra le genti una condotta impeccabile e, per quanto dipende da loro, “siano in pace con tutti gli uomini affinché siano realmente figli del Padre che è nei Cieli”. Questa è una breve citazione su ciò che la Chiesa insegna a tutti i cristiani cattolici. Se un cattolico, sia egli politico, vescovo o papa, parlasse un linguaggio contrario all’insegnamento del Magistero della Chiesa, rimane un politico, un vescovo, un papa, ma non un cattolico.

Lei ha vissuto 25 anni in Asia. Come è possibile garantire il pluralismo religioso?

Ho trascorso circa metà della mia vita in Asia ed è stata una esperienza impossibile da descrivere, tanto è ricca, profonda, varia, certamente meravigliosa. Filippine, Cina, India, Thailandia, Pakistan, Malesia, Singapore sono i paesi in cui ho vissuto, ma moltissimi altri li ho visitati spesso con lunghe permanenze, Vietnam, Birmania, Indonesia, Corea, Giappone, Bangladesh, Sri Lanka e altri ancora. L’aspetto più forte è stato ed è tuttora il mio incontro con le Grandi Religioni. Incontro mai superficiale. Ho coltivato amicizie profonde con persone di fedi diverse: hindu, sikh, musulmani sunniti e sciiti, ebrei, buddhisti, zoroastriani ed altri. Ho imparato molto da ciascuno, mi hanno grandemente arricchito. Ho trovato in loro delle sorelle e dei fratelli veri, a volte il rapporto con loro è stato ancor più profondo che con alcuni fra le mie sorelle e fratelli di fede cristiana cattolica. Tuttavia non ho mai pensato, in tutti questi lunghi anni, di lasciare la mia fede cattolica. Anzi! È stato spesso il contatto con amici di altre religioni, la testimonianza della loro fede che mi è stata di sprone a vivere meglio ciò in cui credo. Mai dimenticherò ciò che mi disse un grande patriarca dei Sikh, anziano, che sprigionava saggezza da tutto il suo essere: “Tu sei cristiano, mi disse, io da te mi aspetto che tu sia un altro Gesù Cristo, vivente oggi!”. Sinceramente, ho sperimentato che laddove c’è rapporto, e quindi “conoscenza”, allora c’è stima reciproca, collaborazione, amicizia anche.

Ma dove non c’è conoscenza e quindi domina l’ignoranza, si moltiplicano i pregiudizi, dai quali scaturisce l’odio che può sfociare in violenza. Ci sono due modi, secondo me, per garantire il pluralismo religioso. Prima di tutto essere in armonia con se stessi, avere la pace dentro sé, lasciare che sia l’amore a guidare le nostre azioni e soprattutto ad informare i nostri rapporti con gli altri. Poi, tutti i credenti appartenenti alle religioni più varie, ma soprattutto ebrei, cristiani e musulmani che si riconoscono nell’unico Padre Abramo, dovranno sforzarsi di più a mettere in pratica, nel quotidiano, con chiunque, quella che viene definita “la regola d’oro” che, pur con parole leggermente diverse, contiene, in tutte le religioni, lo stesso comandamento. Nella Bibbia recita: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt. 7,12). Per i musulmani è scritto nel Libro dei 40 Hadith, di An Nawawi, N. 13 che dice: “ Non sarete veramente credenti finché non desiderate per il fratello ciò che desiderate per voi”. Concludo la risposta dicendo che non è mai esistito un conflitto o peggio ancora una guerra fra diverse religioni. Sono purtroppo sempre esistiti uomini di tutte le religioni che non praticano ciò che le loro rispettive religioni insegnano. Ed ecco i conflitti! Il dialogo, l’armonia fra persone di religioni diverse non è un’opzione, è una urgente necessità a tutti i livelli e in tutte le latitudini. Chi la pensa diversamente è un uomo o una donna di ieri, del passato, non di oggi e ancor meno del futuro. I giovani sono una grande speranza.

Secondo lei perché il dialogo interreligioso, soprattutto con i musulmani, stenta a decollare?

Non sono d’accordo su questo punto. Penso, e ne ho le prove, che il dialogo interreligioso in generale, e proprio quello islamico-cristiano, abbia fatto dei progressi enormi, inimmaginabili solo qualche decennio fa. A parte il dialogo avvenuto e che continua ad avvenire ai vertici: abbiamo visto tutti Giovanni Paolo II entrare un antichissima moschea nel suo storico viaggio in Siria, sulle orme di Abramo, e lì pregare; più recentemente Benedetto XVI in un’altra prestigiosa moschea, a Istanbul in Turchia, vi ha pregato; quanti leader musulmani prestigiosi, a decine, hanno partecipato e partecipano agli incontri interreligiosi a livello mondiale. Basterebbe conoscere qualcosa dell’enorme lavoro di “dialogo della vita” portato avanti da comunità famose come quella di Sant’Egidio o movimenti quali il Movimento dei Focolari, ma potrei citarne molti altri: un dialogo che si basa proprio sul rapporto di amicizia, di stima, di ascolto reciproco, imparando gli uni dagli altri. Non dimenticherò mai le lacrime di gioia di un grande leader musulmano pakistano, amico mio, partecipante ad un simposio islamico-cristiano in un Centro per incontri a Castelgandolfo, organizzato appunto dai focolarini. Gli fu detto che il luogo dove si svolgeva l’incontro era del Vaticano e che la villa pontificia distava solo pochi metri. Il mio amico Sakir, quel giorno, aveva pregato con gli altri musulmani presenti in una stanza di preghiera preparata appositamente per loro. La notte non riuscì a dormire per l’emozione: non riusciva a credere che aveva pregato da musulmano con altri musulmani nella casa del Papa!
Chi come me era ad Assisi con Giovanni Paolo II e decine di leader di tutte le religioni del mondo nel 1986 e, più recentemente, sempre ad Assisi, dopo la tragedia delle torri gemelle, come potrà mai dimenticare quell’esperienza davvero straordinaria, mai avvenuta prima nell’intera storia dell’umanità! Le televisioni di tutto il mondo avevano le telecamere puntate sull’avvenimento. Quanto rispetto fra tutti, quanta amicizia, quanta stima, quale gratitudine espressa in mille modi a colui che aveva avuto il coraggio di dar vita a tali incontri. Ma, soprattutto, grazie alla straordinaria atmosfera di “sacro” che si respirava, si poteva veramente sperimentare che l’Amore, Dio, avvolgeva tutti, nessuno escluso. Dovremmo parlare e scrivere maggiormente di queste e di tantissime altre esperienze, magari assai più piccole e modeste, ma non meno importanti, come quella di una suora cattolica di un paesino siciliano. Lì c’è un Centro Caritas diretto da lei. Vedendo che i musulmani che frequentavano il Centro erano il gruppo più numeroso, si è interrogata su cosa poteva fare per loro, per farli sentire un po’ più a casa. Pensò per prima cosa di appendere un bel quadro con scritto grande in lingua araba il nome di Dio “Hallah”, poi per far comprendere loro anche qualcosa di cristiano, nella loro lingua, fece un pel poster con scritto in grande la preghiera cristiana più importante, il “Padre Nostro”. Sarebbe lungo raccontare i dettagli, ma le cose andarono sempre meglio, i rapporti, da freddi e diffidenti all’inizio, presto si sono trasformati in amicizia, in collaborazione, in iniziative varie che hanno coinvolto tutta la popolazione del paese. Ormai è tradizione una festa dove si offrono cibi mediorientali a tutti, con danze, giochi di entrambe le culture che appassionano tutti. Il vescovo cattolico del luogo è sempre in prima fila ad ogni festa. Concludendo, c’è un dialogo che magari fa poco chiasso, ma c’è. Non solo, ma cresce. Peccato che i media siano così appassionati di orrore, di tutto ciò che è male, che è scandalo, che è marcio, di ciò che “fa notizia”. Dicono, come a scusarsi, che tutto ciò “vende di più”. In Brasile si dice che “fa più rumore un albero che si schianta che non tutta la foresta che cresce”. Guardiamo alla foresta che cresce.

Cosa consiglia ai musulmani che vivono in Italia?

Questa domanda un po’ mi imbarazza. Non sono una “personalità” e neppure un “esperto”, e non mi sento alcuna autorità per poter dare consigli. Potrei forse fare un’esortazione ai tanti amici, sorelle e fratelli musulmani che abitano in Italia. So che siete tanti ormai. I vostri figli sono amici dei loro coetanei italiani, crescono e studiano insieme. Siete in un paese che è ormai la vostra seconda patria. Donate il vostro prezioso contributo. Avete tante ricchezze culturali, spirituali, folcloristiche, musicali. Fatevi conoscere sempre meglio. Non abbiate timore. Non lasciatevi intimidire da affermazioni cattive che qualcuno fa e che vi feriscono; andate oltre e abbiate fiducia in quei tanti, e sono la maggioranza, che vi vogliono accogliere, ma magari vi conoscono ancora troppo poco. Abbiate fiducia!! Date il vostro amore e ne riceverete in cambio. Testimoniate a tutti la vostra grande fede nel Dio Grande e Misericordioso di cui tutti abbiamo bisogno.

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