Ritengo che le posizioni tipo quella di Berman siano allo stesso tempo incredibilmente ottuse ed estremamente pericolose. Esse ignorano a) l’incredibile diversità delle modalità islamiche di devozione e spiritualità; b) il fatto che l’attuale jihadismo sia solo una di queste forme, e assai dubbia dal punto di vista del Corano e degli hadith (che, ad esempio, si diventi un ghazi uccidendo donne e bambini o uno shaheed suicidandosi per poter uccidere donne e bambini); c) il fatto che questo jihadismo sia un amalgama moderno in cui la fede viene vissuta principalmente nel registro della moderna politica dell’identità di tipo polarizzato, completa dell’identificazione di un nemico radicalmente opposto, e nel linguaggio dell’onore, dell’umiliazione, dell’annullamento del nemico, ecc., senza lasciare alcun posto a quel Dio a cui nel Corano ci si rivolge sempre come al «compassionevole, pieno di grazia» (al raham, al rahmin); d) il fatto che le persone possano essere reclutate all’interno e all’esterno di questo amalgama a seconda del clima prevalente del conflitto di gruppo; e) il fatto che la retorica dello «scontro di civiltà» si presti a rafforzare la sensazione di un conflitto inglobante, e quindi tenda a facilitare il reclutamento dei musulmani credenti nell’amalgama jihadista.
In altre parole, Huntington contribuisce alla spinta reclutatrice di Bin Laden, come l’intera banda dei testoni neocon che guidano gli Stati Uniti. Quello di cui abbiamo bisogno è un’alleanza tra persone di tutte le fedi e civiltà che si oppongano assieme a questa deriva verso la polarizzazione. L’ultima cosa che vogliamo è diffondere il mito secondo cui tutti i musulmani credenti siano devoti a qualcosa la cui elaborazione logica implichi questa forma di jihad. È quello che Bin Laden afferma, ma è una falsità. Tariq Ramadan dovrebbe essere il benvenuto come primo membro di questa alleanza, e non gli dovrebbe essere negato il visto per gli Stati Uniti.
Charles Taylor, professore emerito alla McGill University di Montréal, ha insegnato negli ultimi anni alla New School for Social Research di New York e alla Northwestern University di Chicago. È autore, tra l’altro, di Hegel e la società moderna (1984), Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna (1993), Il disagio della modernità (1994), La modernità della religione (2004) e Gli immaginari sociali moderni (2005). Il suo ultimo libro è A secular Age (Harvard University Press 2007).