E’ plausibile presumere che siano molti egiziani che non hanno letto Anton Cechov. Tuttavia, si direbbe che al Cairo il mercato librario dei grandi scrittori russi sia in espansione, o quanto meno che si tratti di un mercato ricco: i libri di Cechov si vendono a partire dall’esorbitante prezzo di 108 sterline egiziane. Il 29 gennaio di quest’anno è ricorso il 150° anniversario della nascita dello scrittore russo e la Russia è stata invitata alla 42ma Fiera Internazionale del Libro del Cairo come ospite d’onore. Nello spirito di rinnovamento delle relazioni culturali, la casa editrice Dar Al- Sharouk tradurrà e pubblicherà le opere di Cechov e di altri importanti autori internazionali e nazionali. Ad un’osservazione più attenta, il catalogo della Dar Al-Sharouk, sia che si tratti delle opere teatrali di Cechov che delle meditazioni teologiche di Gamal Al-Banna, offre uno scorcio su un paesaggio urbano in trasformazione, su ciò che legge il Paese letterariamente più prolifico del mondo arabo e sul modo in cui la società civile egiziana sta cambiando. Sarebbe doveroso che anche i politici gli dessero un’ occhiata.
Russia ed Egitto hanno una comune storia socio-politica. Durante il regime di Gamal Abd Al-Nasser, la letteratura russa è stata ampiamente tradotta in lingua araba. La spinta ideologica alla base di quella cooperazione culturale fu il pan-arabismo e il sentimento antioccidentale; la Russia sovietica era un utile partner, benché la politica economica di Nasser fosse talmente incoerente da far pensare che egli non capisse nulla di socialismo. Ciò nonostante, proprio come Lenin e Stalin, Nasser volle permeare l’architettura di uno zelo ideologico. San Pietroburgo era diventata Leningrado, a Berlino Est il Kaiserpalast era stato ribattezzato Palast der Republik e al Cairo Suleiman Basha Square divenne Talaat Harb. Prima del 1952, la piazza Sulemain Basha era l’epicentro del Cairo alla moda ed europea. Oggi, però, gli ampi viali e gli edifici residenziali in stile parigino sono in rovina e anneriti dall’inquinamento. E proprio come il totem aristocratico di Suleiman Basha è stato abbattuto con la rivoluzione, anche gli Champs Elyséès egiziani sono diventati, come sono tutt’ora, il cuore dell’Egitto proletario.
Allo stesso modo, nel caos geo-politico che ha attraversato il mondo arabo nell’immediato dopoguerra, romanzi e opere basate sulla realtà divennero gli strumenti della “fabbrica del consenso”, secondo un’espressione coniata da Noam Chomsky nel suo omonimo libro sull’economia politica dei mass media. Come osservava Edward Said nel suo “Cultura e Imperialismo”: “Un’immensa ondata di attività, pensiero e revisione anti-colonialista e, in definitiva, anti-imperialista, ha colto di sorpresa il solido edificio dell’impero occidentale, sfidandolo, per usare la vivace metafora di Gramsci, in un reciproco assedio”.
Come era accaduto nella Russia sovietica, l’Egitto reclutò dei prestanome culturali, come Tawfiq Al-Hakim e Naguib Mahfouz. Cooptare cultura legittimava il regime di Nasser. E proprio come in Russia, gli artisti erano alla mercè dello Stato. Al –Hakim revocò presto il suo sostegno a Nasser, sia nel libro The Sultan’s Dilemma che in The Return of Consciousness; quest’ultimo libro costituisce una negazione della sua precedente opera a favore della rivoluzione, The Return of the Soul. The Sultan’s Dilemma costò ad Al-Hakim la nomination e l’appoggio del governo per il Premio Nobel. L’Egitto non rappresenta un caso unico in situazioni del genere.
Purtroppo, questo ha compromesso l’indipendenza dell’artista e l’obiettività dell’opera. Il civile è diventato politico. Se Cechov è stato letto, da entrambe le parti dello spartiacque linguistico, egli è stato grossolanamente mal interpretato e commentato. Attualmente, il regime di Hosni Mubarak sembra più interessato alla semplice revisione dei testi letterari. La “Star Chamber” di Nasser e di Sadat oggi è talmente permissiva da consentire la pubblicazione di opere letterarie dai contenuti ingiuriosi nei confronti di Mubarak. Una maggiore attenzione è posta invece sul controllo dei mezzi di informazione. Ad esempio, l’arresto del direttore del settimanale d’opposizione Al-Dostoor, Ibrahim Essa, rappresenta un caso molto più comune. Le istituzioni e i gruppi religiosi hanno maggiori probabilità di determinare il successo di un libro. Al-Azhar, la storica università teologica islamica, è la longa manus della critica letteraria e accademica. Ma i religiosi più ostinati lo fanno in “Renegade style”. The World of a Boy, un racconto breve sull’omosessualità in Egitto è stato stampato senza impaginatura per impedire alle autorità religiose di attaccarsi arbitrariamente ad un passaggio provocatorio anziché leggere il racconto. In un modo o nell’altro, le invettive religiose influenzano molto il successo di un libro. Ciò, tuttavia, non diminuisce le implicazioni politiche della letteratura in Medio Oriente. Come osserva lo scrittore palestinese Ghassan Kenafani, “la politica e il romanzo sono una cosa indivisibile”.
Oggi, la casa editrice Dar Al-Shorouk ha un punto di vendita nella piazza Talaat Harb. Nota il suo catalogo molto variato, dai coffee table book ai romanzi popolari, la libreria di Al-Shorouk nella piazza Talaat Harb e la sua selezione sempre più varia di letteratura colta e popolare, costituisce un microcosmo attraverso cui comprendere la rinegoziazione degli spazi urbani e le tendenze attuali in fatto di letture dei cittadini del Cairo. In primo luogo, la presenza di Al-Shorouk nei luoghi di ritrovo di un cittadino egiziano comune suggerisce che la nuova e sempre più numerosa classe media non è isolata dal resto della città. Perciò, la socio-politicizzazione dei paesaggi urbani rinasce in modo nuovo. L’élite d’Egitto si isola a Heliopolis e nel deserto crescono nuove comunità appartate. Il trasferimento della American University del Cairo lontano dal centro, nel deserto, è una dimostrazione ulteriore della tendenza elitaria ad abbandonare il centro cittadino; anche l’ Università canadese, quella tedesca, francese e britannica –che si rivolgono alle classi più elevate, sono collocate nel deserto, lontano dalla vera Cairo. Perciò, una libreria della Al-Shorouk tra i residenti intellettuali del centro riflette una divergenza e una convergenza socio-culturale. Per prosperare, la cultura del Cairo non ha bisogno di nuovi egiziani istruiti in America. La sempre più significativa classe media e la popolazione a basso reddito, nel centro della città, condividono lo spazio e interagiscono. I progetti di riqualificazione intrapresi nella piazza riflettono anche un rinnovato interesse del governo nei confronti del centro cittadino. Così come Sulemain Basha era europea ed elegante e Talaat Harb era araba e nazionalista, la piazza oggi sta diventando l’ambiente urbano di una classe media e di una gioventù artistica in ascesa.
In secondo luogo, la quantità e il genere di libri venduti riflettono una tendenza demografica e sociale. Secondo Al-Shorouk, il genere più venduto è la letteratura Shabab (rivolta ai giovani). Libri come A Book Without Name di Ahmad Al-Essaily, I Wanna Get Hitched, di Ghada Abd Al-Aal e Busted, di Amr Taher ne costituiscono qualche esempio. Dal punto di vista demografico, ciò giustifica l’ipotesi che i giovani egiziani del Cairo siano sulla soglia della consapevolezza sociale. E’ probabile che ciò porterà ad una maggiore attività politica. Secondo i dati della CIA World Factbook per il 2009, il segmento più vasto della popolazione egiziana, al 63,8 per cento, è quello tra i 15 e i 64 anni. L’età media dell’intera popolazione è più rivelatrice: 24, 8 anni. Un consumo massiccio di libri da parte di questo segmento della popolazione comporta come conseguenza quella di formare una gioventù sempre più consapevole; il contenuto artistico è socialmente e politicamente decisivo. In questo modo alcuni settori della società civile vengono affidati nelle loro mani. Anche l’approccio non interventista di Mubarak nei confronti della produzione letteraria suggerisce un ritorno dell’arte alla società civile. Il movimento Shabab e le statistiche relative alle tendenze letterarie lo dimostrano.
In terzo luogo, la storia monarchica e la letteratura islamica riflettono, rispettivamente, una nuova e pervasiva tendenza. L’interesse per la monarchia presenta due aspetti. Per prima cosa, le opere sulla monarchia riflettono un risveglio. Dopo la rivoluzione, dal punto di vista storico, sono state scritte molte inesattezze allo scopo di legittimare la rivoluzione e di giustificare il nuovo regime. Gli egiziani che oggi parlano della monarchia di Mubarak hanno iniziato a eliminare la patina della retorica governativa per indagare sulla verità al di là della figura descritta sotto una luce positiva del libertino Farouk II e della sua aristocrazia corrotta. Secondariamente, si potrebbe ipotizzare che questa non è che una mesta preparazione all’inevitabile successione di Gamal Mubarak. L’autocompiacimento egiziano nei confronti dello status quo è arrivato a questo punto?
La letteratura islamica nella raffinata libreria Al-Shorouk dimostra la penetrazione delle simpatie conservatrici tra i ceti socio-economici. Dopo tutto, la domanda genera l’offerta. Gli autori più importanti venduti in libreria, elencati in ordine casuale, sono: Mohammad Al-Ghazali, Yousef Qardhawi, Gamal Al-Banna, Mohammad Emara e Mohammad Qutb. L’abbondanza di nomi importanti tra i teologi del Ventesimo secolo suggerisce una differenza. Personaggi istituzionali, come Al-Ghazali e Qardhawi, rappresentano un gusto islamico più tradizionale e moderato. Per converso, i nomi di Al-Banna, Emara e Qutb costituiscono una corrente più radicale. In un caso o nell’altro, il consistente consumo di opere islamiche giustifica la sensazione che la società civile egiziana sia sufficientemente ricca di fervore religioso e di capacità di dibattito a tutti i livelli socio-economici.
Nell’opera di Cechov, Il giardino dei ciliegi, messa in scena per la prima volta nel 1904, una famiglia aristocratica non soltanto deve vendere la sua proprietà, ma deve anche assistere al taglio del prezioso giardino da parte del figlio di un ex servo. La ricca proprietaria terriera, Mme. Ranevsky e la sua famiglia sono così sciocchi e dissipatori che ci si chiede come questa classe abbia potuto amministrare il Paese. Lopakhin, il nouveau riche, è razionale ma duro; dopo tutto, sarà lui a tagliare il giardino dei ciliegi.
Cechov scrisse quest’opera come una commedia ma, solitamente, essa è stata interpretata come una tragedia. Con il senno di poi, si possono comprendere entrambe le interpretazioni. Il periodo pre-rivoluzionario era troppo caotico per interpretarla in modo serio; la realtà post-rivoluzionaria era molto più tetra. Con la rinascita del dialogo culturale tra Russia ed Egitto e con la presenza dell’opera Cechov a Talaat Harb, leggere diventa ineludibile. La mattina del 20 febbraio 2010 ha visto l’atteso ritorno di Mohammad Al-Baradei. Figlio della rivoluzione del 1952, Baradei ricorda il mercante Lopakhin, sebbene un Lopakhin più profetico e più atteso; il regime di Mubarak ricorda la sfortunata famiglia Ranevsky e il suo entourage di proprietari terrieri. I gruppi in sostegno di Baradei sul social network Facebook e la folla che lo ha atteso all’Aeroporto Internazionale del Cairo fanno ritenere che stia montando un grande fervore politico contro Mubarak e soci. Se Baradei avrà successo oppure no è una questione che riguarda più i passi falsi del principe reggente Gamal. Ciò di cui l’Egitto non ha bisogno è un Lophakhin, che tagli più di quanto semini. Forse Baradei potrebbe fare una visita alla Al-Shorouk e dare un’occhiata alle opere di Cechov tradotte, o a qualche testo rappresentativo della letteratura Shabab, in modo da trarne indicazioni e ispirazione. Un po’ di lettura non guasta mai.
Traduzione di Antonella Cesarini