«Non è un voto contro la religione musulmana, ma solo contro i minareti». Questa è la spiegazione del ministro svizzero della giustizia, Evelyne Widmer-Schlumpf, a proposito del referendum anti-minareti. È difficile prenderla sul serio perché chi dice minareto dice moschea, e chi dice moschea dice Islam. È più credibile invece la dichiarazione del leader dei Verdi svizzeri Ueli Leuenberger: «I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia».
Il minareto, come il crocifisso per i cristiani, è un simbolo distintivo dell’Islam. Ha diverse caratteristiche molto importanti. Primo. È legato alla moschea, la casa di Dio, un luogo di culto ma anche di incontro fra musulmani. Un punto di riferimento non solo religioso ma anche sociale e culturale. Secondo. È visibile da lontano per l’altezza e questo aiuta i fedeli che vengono da fuori ad orientarsi e a sentirsi protetti. La presenza del minareto sta a significare per il musulmano che sta in ‘terra amica’. Terzo. Nel passato, quando non c’erano gli altoparlanti, il muezzin saliva fino in alto per richiamare alle cinque preghiere quotidiane. Oggi il mestiere del muezzin non é impegnativo perché non richiede una voce fuori dal naturale. Tuttavia rimane la simbologia, un nodo cruciale per tutte le religioni.
Il minareto quindi non è un capriccio ideologico come il burqa o il burkini, ma l’espressione di una religione che cerca legittimità, con molta fatica, nello spazio pubblico europeo. Il problema riguarda la visibilità dei musulmani in quanto minoranza. In Svizzera rappresentano il 5% della popolazione, molti di loro sono stati accolti come rifugiati politici e sono integrati nella società. Perché vengono visti oggi come una minaccia e non come una risorsa? Perché i quattro minareti che esistono nel paese elvetico turbano così tanto? Bisogna dire che l’esito del voto è frutto di una campagna islamofoba dell’estrema destra, che ha raccolto 100 mila firme in un anno e mezzo per questo referendum, definendo il minareto un simbolo di una “rivendicazione di potere politico-religiosa”. A me pare che la questione non sia religiosa ma politica: conquistare un elettorato in preda alla paura dell’Islam. Non sarebbe scorretto sostenere che l’obiettivo fondamentale del referendum è quello di colpire i 400 mila musulmani che vivono in Svizzera e costringerli alla clandestinità, perché il minareto è un forte simbolo di visibilità nello spazio pubblico.
C’è un forte sospetto che il divieto svizzero sui minareti sia solo un pretesto per impedire la costruzione di moschee. Perché nascondersi dietro un minareto? Si tratta di una palese violazione dei diritti dei cittadini musulmani ad avere i propri luoghi di culto. Per questo motivo, le critiche dell’UE, del Vaticano e di Amnesty International sono più che giustificate. In Italia la Lega Nord ha esultato, il ministro dell’Interno Maroni ha chiesto al mondo politico di ascoltare la voce del popolo. Invece l’europarlamentare Mario Borghezio ha auspicato un referendum su un quesito semplice: “Moschee si, moschea no”. Credo che sia indispensabile ribadire che in Italia vivono più di un milione di immigrati musulmani che pagano le tasse. Inoltre ci sono più 10 mila cittadini italiani convertiti all’islam. Questi benedetti musulmani hanno diritto di avere i loro luoghi di culto, di vivere il proprio credo alla luce del sole, sì o no? Questo dovrebbe essere il quesito per un referendum popolare.
Il rischio è quello di calpestare la Costituzione italiana che garantisce la libertà di culto. Basta citare l’articolo 8: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Penso che l’approccio svizzero non sia solo un danno di immagine per la Svizzera, ma dannoso perché alimenta il clima della paura e dello scontro fra i il mondo musulmano e i paesi occidentale. Ha perfettamente ragione il Presidente della Camera Gianfranco Fini quando afferma che l’esito del referendum è “un regalo al fondamentalismo islamico”. Adesso è più facile per al Qaeda, ad esempio, accreditare la solita tesi secondo cui i musulmani nel mondo sono perseguitati dai cristiani. Scommetto che un video minaccioso di Bin Laden o di Zawahiri contro la Svizzera sia già in fase preparazione.