E’ stato usato anche spregiativamente per indicare una società impura, mista etnicamente e culturalmente, e se ne è così accentuato il valore peggiorativo, sebbene altrove (vedi in Messico) è espressione d’orgoglio. Il meticciato rappresenta la scelta di connettersi a una pluralità di culture, reclamando l’eredità di più mondi.
“Esiste un tessuto meticcio, almeno dal punto di vista culturale, che abbraccia le nostre società – ha scritto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio – non l’egemonia di una civiltà, ma tanti universi culturali, e pure un infinito numero di meticciati, di aree sovrapposte, di ascendenze molteplici. Questa è la realtà dell’Europa al suo interno e in rapporto ai mondi altri, come quello africano. Dietro la rigidità delle identità, tante volte si scopre un meticciato e un’ibridazione, una creolizzazione, dalla storia più o meno lunga”.
Il padre messicano Virgilio Elizondo, inserito dalla rivista “Time” tra gli Innovators del secolo appena iniziato, ne ha scritto con toni entusiasti nel libro L’avenir est au métissage (utilizzando un’espressione dell’ex presidente francese Charles de Gaulle). Il poeta Octavio Paz, nel Labirinto della solitudine, ha scritto che il labirinto del meticcio, alla fine, “è quello di tutti gli uomini”. Per il teologo Jacques Audinet “la storia coniuga le differenze, la storia è meticcia, avanza solo con il meticciato”. Si arriva a parlare esplicitamente di “pensiero meticcio”, per indicare un modo di vedere il mondo che non annulli le differenze, ma che se ne nutra.