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  • Giorgio Renato Franci

    Egli, rinunciando agli agi, avrebbe abbandonato la vita di famiglia dandosi all’ascetismo per cercare una soluzione al problema angoscioso del dolore e dell’insoddisfazione dell’esistenza, un problema che in India assume un rilievo speciale perché si ritiene che ogni vita sia solo un anello di una catena senza principio e di norma senza fine fatta di nascite, morti, rinascite, ri-morte, ecc., il saµsara, regolato da una legge di retribuzione delle opere compiute (il karman). Il futuro Buddha era uno dei tanti giovani che in quel periodo cercavano la liberazione dal saµsara. Dopo una ricerca di anni avrebbe trovato la verità, raggiungendo il risveglio (bodhi), e da allora è conosciuto come il Buddha, lo “Svegliato”.

    Senza entrare nei tecnicismi in cui eccelle la sottile intelligenza analitica buddhista, si può sintetizzare la sua verità nel riconoscimento che sofferenza e disagio nascono dalle nostre brame e dall’ignoranza e sono legati alla fondamentale impermanenza del tutto: la realtà consta di eventi caduchi in successione continua, invece che di entità durevoli su cui si possa acquisire un dominio stabile. Ma con una rigida disciplina di autocontrollo fisico e mentale si può giungere a una condizione non dipendente da alcunché, il nirvana (“estinzione”), che è molto difficile da definire: non è un paradiso per anime perfette, tanto più che il buddhismo in genere nega o non prende in considerazione l’esistenza di un’anima permanente (è molto probabile che nel corso del tempo i buddhisti abbiano inteso, e intendano, il nirvana in modi diversi).

    Dopo una vita tutta dedita all’insegnamento, il Buddha sugli ottant’anni sarebbe entrato nel parinirvana (“estinzione completa”). Ai suoi discepoli, monaci e monache, ma anche laici, questi ultimi ovviamente tenuti a una disciplina meno rigida, il Buddha lasciò, oltre al modello della sua vita, una dottrina e un’embrionale organizzazione monastica che, con vari sviluppi, continuano ancor oggi. Il buddhismo si rivolge a tutti, ed è stato diffuso da missionari, intellettuali, santi. In genere la sua espansione è avvenuta in modi pacifici, e per lo più pacificamente sono stati vissuti anche i contrasti via via sorti all’interno del dharma o con altre tradizioni e dottrine: non sono però mancati fenomeni di violenza e militarizzazione, come nel caso di certi monaci giapponesi.

    Le due maggiori correnti sono il Theravada (“Dottrina degli antichi”), comunemente chiamato Hînayana (“Piccolo veicolo”), nome però troppo limitativo e che pertanto è meglio evitare, e il successivo Mahayana (“Grande veicolo”): il Theravada è diffuso soprattutto in Sri Lanka e in Indocina, il Mahayana nell’Asia centrale e orientale. Il lamaismo (dal nome lama, cioè “superiore”, attribuito ai maestri spirituali) è la forma del Mahayana affermatasi tra i tibetani. Il Buddha in origine non era un dio, il buddhismo era una dottrina di perfezionamento e di distacco dal mondo più che una religione come la si intende in Occidente; ma poi la venerazione per il Maestro, le esigenze dei devoti, le tradizioni dei vari paesi in cui il buddhismo si è diffuso aprirono ampi spazi ai bisogni religiosi.

    Siddhartha Gautama fu visto come uno dei vari Buddha che nei cieli e sulla terra incarnano la perfezione e la verità. Le esigenze religiose trovarono pieno sviluppo nel Mahayana: i Buddha, i Bodhisattva, cioè dei quasi-Buddha, e le loro partner femminili vi costituiscono un pantheon ricchissimo. Molti sviluppi soprattutto del Mahayana avvicinano il buddhismo all’induismo, con cui ha avuto un fecondo rapporto dialettico: l’intensa devozione, la fioritura di grandi scuole filosofiche, la diffusione di pratiche di tipo yogico, in particolare di uno yoga che, dai testi (tantra) in cui è insegnato, chiamiamo tantrico e che mira soprattutto alla ricerca di una condizione di libertà e di potenza che possiamo definire magica. Lo yoga tantrico ha avuto una grande diffusione in India, Tibet e altri paesi. Nelle diversissime forme del buddhismo un elemento centrale comune è dato dall’attenzione per l’interiorità e per la ricerca meditativa.

    Oggi il buddhismo è diffuso in tutto il mondo, in Occidente almeno dalla fine del sec. XIX, con un numero di seguaci variamente quantificato dalle statistiche: secondo alcune i buddhisti sono circa 360 milioni, secondo altre di meno, secondo altre ancora parecchi di più. Questo anche perché almeno in alcuni paesi è diffusa l’usanza di aderire sia al buddhismo sia a un’altra tradizione spirituale: per esempio in Giappone le stesse persone spesso seguono sia la tradizione nazionale, lo shintoismo, soprattutto per le usanze e le pratiche famigliari e comunitarie, sia il buddhismo, per le esigenze di una spiritualità più intima. I convertiti italiani sono forse 80.000 o più, non pochissimi mantengono legami con altre tradizioni, praticando comunque forme di meditazione e/o di culto tipicamente buddhiste.

    Il contributo dato dal buddhismo alle civiltà dell’Asia meridionale e orientale è enorme: in campo filosofico, in cui ha costituito una specie di forte lievito per lo sviluppo della ricerca intellettuale e della dialettica, in campo letterario, dai primi testi, in cui sarebbe raccolta la predicazione originaria, a capolavori di epica religiosa, ecc., in campo figurativo (alcuni dei più importanti monumenti, come il Borobudur di Giava, e grandi tradizioni di arte indiana, cinese, ecc. gli devono ispirazione). Oggi il buddhismo, o almeno certo buddhismo, è aperto alle problematiche più sentite del nostro tempo e può contribuire a gettare nuova luce anche su questioni di bioetica, di ecologia, proponendo un nuovo approccio, più dolce e meno eurocentrico, ai problemi del mondo, alle necessità e possibilità dei viventi. C’è anche un’importante linea d’ispirazione femminista. Lo sviluppo di un buddhismo impegnato, di cui è stata precorritrice la lotta dei bonzi vietnamiti, mostra come un’antica dottrina e pratica di vita, che certo non si esaurisce nelle questioni politiche e sociali, possa offrire anche in questi campi spunti e stimoli per la costruzione di un mondo più umano, rispettoso di tutti e del tutto.