Insieme al suo maestro sudanese Mahmoud Mohammed Taha, condannato a morte nel 1985 dal regime di Nimeiry per “apostasia”, il filosofo e giurista Abdullahi An-Na’im è uno dei più importanti studiosi del rapporto, complesso e molto controverso, che intercorre tra la legge islamica, la shari’a, e i diritti umani.
A questo tema ha dedicato molti libri, di recente anche tradotti in italiano. Da anni, An-Na’im collabora con il sito (vedi il suo articolo su “Stato laico e sharia“) e gli eventi di Resetdoc, che in occasione degli Istanbul Seminars 2011 ne ha ospitato una conferenza sul tema Coping with Shared Human Vulnerabilities: The Cultural Mediation of Resentment and Retaliation, oggi pubblicata nel nostro volume annuale di Philosophy and Social Criticism, Sage publications.
In questa intervista con Abdullahi An-Na’im, abbiamo voluto esplorare proprio il rapporto tra Diritti umani e shari’a, che rappresenta il fulcro dell’impegno accademico e militante del pensatore.
Il 7 e 8 giugno, all’università LUISS di Roma, sarà possibile assistere a un convegno internazionale della durata di due giorni con An-Na’im e altri illustri ospiti come Sebastiano Maffettone, Preside della Facoltà di Scienze Politiche LUISS e organizzatore dell’incontro, Rajeev Bhargava, Zaid Eyadat, Jean-Paul Fitoussi e molti altri.
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I contenuti:
Il tema della giustizia globale ha visto negli ultimi anni un’enorme fioritura di studi, ricerche, libri e seminari. L’obiettivo del convegno, organizzato in collaborazione con la rivista Global Policy, è quello presentare una visione dell’argomento ampia e articolata.
Il problema della giustizia globale è innanzitutto un problema di giustizia distributiva. I contributi di Fitoussi e Milanovich si concentrano sull’analisi della giustizia in termini di ridistribuzione di risorse e sul tema povertà. In particolare, mentre Fitoussi analizzerà l’impatto e l’efficacia degli indicatori di progresso sociale e benessere esistenti Milanovich proporrà un’analisi dell’ineguaglianza globale, considerando diversi fattori, quali la distribuzione del reddito e di ricchezza pro-capite, in relazione alla collocazione geografica delle persone. Milanovich mostrerà come e perché la diseguaglianza tra ricchi e poveri nel mondo è significativamente aumentata nell’ultimo secolo.
In secondo luogo, i problemi della giustizia globale saranno declinati in un’ottica di riconoscimento e dialogo interculturale. Infatti, gli interventi di An-Na’im e dello studioso indiano Rajeev Bhargava si concentreranno sulla relazione tra occidente e oriente, prestando particolare attenzione al problema del riconoscimento tra diverse tradizioni religiose e culturali. L’idea comune è quella di de-provincializzare le nozioni di diritti e democrazia in una prospettiva maggiormente inclusiva. Altri contributi affronteranno il problema delle ingiustizie di matrice storica (come il colonialismo) o del mancato riconoscimento di determinati diritti di proprietà sulle risorse naturali e materie prime (a questo proposito l’intervento di Wenar sul “clean trade” delle risorse naturali), spesso alla base di violenti conflitti di matrice etnica o religiosa in gran parte dei paesi ad economia emergente.
Un terzo pilastro del dibattito sulla giustizia globale riguarderà la questione ambientale. In questa prospettiva, l’intervento di Caney si concentrerà sul problematico legame tra diritti umani e risorse naturali e i rischi connessi al cambiamento climatico. Anche Held sottolinea l’urgenza di ripensare alla giustizia globale con una maggiore attenzione ai temi della sostenibilità e dell’uso consapevole delle risorse naturali.