Curdi, la felice eccezione di un popolo in pace
Hajar Khoshnaw 5 dicembre 2007

Premessa: un popolo diviso tra quattro Stati

Il popolo curdo è un popolo indoeuropeo. Gli studi condotti nei secoli ne individuano le origini in un complesso sistema d’incroci culturali ed etnici, favoriti anche dalla particolare posizione geografica del Kurdistan, da sempre territorio di confine tra imperi e regni, spesso in lotta fra loro. La terra dei curdi era prima divisa tra l’impero Ottomano e quello Persiano, e nei secoli le molteplici battaglie hanno sempre visto come vittime il Kurdistan e il popolo curdo. Dopo la prima guerra mondiale gli stati vincitori hanno diviso il Kurdistan in quattro stati, ovvero Turchia, Siria, Iraq e Iran, ma purtroppo questi stati hanno avuto molti conflitti e varie crisi tra di loro, e sulla questione curda non hanno mai condiviso una vera strategia: nella maggioranza dei casi hanno cercato sempre di eliminare l’identità curda ed è per questo motivo che nacquero diversi movimenti curdi, con il principio di difendere e lottare per il diritto di essere ed esistere in quanto curdi.

Nel 1946 nacque nel Kurdistan iraniano la Repubblica Democratica di Mahabad, con presidente Qazi Muamed, e con essa vide la luce la bandiera che oggi sventola sul Parlamento curdo. I curdi non hanno mai avuto una patria, e allo stesso modo non hanno mai avuto un idioma comune. Sono due i dialetti curdi principali, il kurmanji e il sorani. Parlano kurmanji i curdi in Turchia, Siria e nelle due province irachene di Zakho e Dohok, mentre nel resto dell’Iraq e dell’Iran si parla il sorani. Anche la scrittura è diversa: in Iraq, Siria e Iran la scrittura usata è quella con caratteri arabi modificati, mentre in Turchia si usano i caratteri latini. Il primo testo letterario curdo è un’opera di Ehmede Xani, risalente alla fine del XVI secolo, e parla dell’amore tra Mam e Zin. Maurizio Garzoni, missionario domenicano d’origine italiana, è stato il primo europeo a scrivere un libro sulla grammatica della lingua curda, pubblicato a Roma nel 1787. Il primo giornale curdo, dal titolo “Kurdistan”, è stato pubblicato in Egitto nel 1898 dal Miqdad Badrxan.

La festa principale curda è il capodanno curdo e si celebra 21 marzo, equinozio di primavera. Alla vigilia del Nawroz la gente, divisa in gruppi, accende dei fuochi sulle montagne e nei punti più alti della città (il fuoco è il simbolo della liberazione e del nazionalismo curdo). E’ un giorno di grande festa in cui i curdi indossano i loro abiti più belli, si organizzano delle gite fuori porta, dei pic-nic a base di piatti tipici tradizionali, si suona, si canta e si balla fino a tarda sera. Nel secolo scorso era anche un giorno in cui la rivolta e la rivoluzione si intensificavano. Questa festa risale al VII secolo a.C., quando Kawa il fabbro rifiutò di dare suo figlio al re per immolarlo (il regnante ogni due giorni doveva sacrificare due giovani vite). Kawa sconfisse e uccise il tiranno e in segno di vittoria e liberazione salì sulla montagna e accese un grande fuoco, e da allora il fuoco per il popolo curdo è segno di libertà.

La religione

Prima dell’occupazione araba si praticava la religione zoroastriana e nel territorio del Kurdistan erano presenti le comunità ebraiche e cristiane, poi arrivò la religione musulmana e ancora c’è il detto “l’Islam è arrivato con la punta della spada e i curdi dopo tante lunghe sanguinose guerre si sono convertiti alla religione musulmana”. Oggi la maggioranza dei curdi è di religione musulmana sunnita e nel sud est del Kurdistan si pratica la religione musulmana sciita. Il 5% professa la religione cristiana caldea, e vi sono anche curdi che professano la religione Yezida (circa 500.000 fedeli). Prima del 1991, quando venne concessa l’autonomia al Kurdistan, in tutto l’Iraq se un musulmano si convertiva al cristianesimo rischiava la pena di morte, se invece un cristiano si convertiva all’islam non solo non subiva persecuzione da parte del regime di Sadam, ma il governo concedeva addirittura dei benefici. Oggi nel Kurdistan iracheno ci sono più di 60 giovani musulmani che si sono convertiti al cristianesimo, ma ciò non ha toccato i loro diritti, in quanto sia il governo curdo che la popolazione permette la libertà di religione.

La storia del Novecento

Il trattato di Sèvres firmato il 10 agosto del1920, attraverso gli articoli 62, 63 e 64, riconosceva uno stato nazionale curdo, il Kurdistan autonomo e indipendente, ma quel trattato non fu mai applicato. In seguito, quando si sono scoperti i giacimenti di petrolio nel sottosuolo di Kirkuk – nel Kurdistan Iracheno – il trattato di Sèvres è stato di fatto rimpiazzato da quello di Losanna, firmato il 24 luglio del 1923, in cui lo stato curdo indipendente venne accantonato per paura della reazione dell’Impero Ottomano. Da allora in tutte le aree del Kurdistan sono iniziate le rivolte e le battaglie, si sono costituite organizzazioni e partiti curdi che avevano come obiettivo finale l’affermazione del popolo curdo, la libertà d’esistere, con l’intento di avere una patria autonoma: il Kurdistan. Schek Mahumud Hafid, re dei curdi al tempo, rifiutò di far parte dell’Iraq eleggendo il suo regno a Sulaymania. Due volte sconfisse l’esercito britannico, ma nel luglio 1924 venne definitivamente sconfitto in una sanguinosa guerra con l’esercito britannico e iracheno.

Il sentimento nazionalista curdo diventava sempre più forte e i Peshmerga – coloro che vanno incontro alla morte – si rifugiarono in montagna, da dove si organizzavano per la lotta, per combattere l’occupazione da parte degli iracheni e contro gli inglesi. Il governo iracheno di Saddam Hussein cominciò a fare una vera e propria pulizia etnica nella provincia di Kirkuk e Khanaqyn. Nel 1975 venne firmato il trattato di Algeria tra Iraq e Iran con l’intento di eliminare una volta per sempre il movimento curdo di Barzani padre, che con i suoi combattenti fuggì e si rifugiò nuovamente in Iran. Nel 1975 Jalal Talabani, attuale presidente dell’Iraq, fondò l’ Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e fu allora che ebbe inizio una nuova era, la rivolta moderna del popolo nel Kurdistan iracheno. Durante il regime del partito Baath di Saddam Hussein furono rasi al suolo più di 5000 villaggi, furono seminate sul territorio curdo circa 20 milioni di mine. Fra il 1987 e il 1988, con l’operazione di sterminio denominata Anfal, furono ammazzati atrocemente molti curdi e vennero seppelliti vivi nelle fosse comuni più di 182.000 curdi iracheni. Nel marzo del 1988 fu usato il gas nervino nella città di Halabja causando la morte di oltre 5500 persone: i sopravvissuti hanno contratto gravi patologie mediche e molti neonati nascono ancora con gravi malformazioni congenite.

1991, l’autonomia del Kurdistan iracheno

Nel 1991, dopo la seconda guerra del golfo, i partigiani e il popolo curdo hanno guadagnato il riconoscimento del Kurdistan autonomo, anche se molti stati potenti ancora una volta non si sono assunti le proprie responsabilità. Ancora una volta la persecuzione da parte del regime è ripresa e si è intensificata, ancora una volta molti i curdi sono dovuti fuggire in altri paesi (più di 2 milioni sono fuggiti in Iran e Turchia e in altri stati, continuando così l’esodo e la diaspora curda nel mondo). Grazie alla risoluzione n. 688 dell’Onu, che prevedeva che l’esercito iracheno non potesse superare il 36° parallelo del nord dell’Iraq, il Kurdistan iracheno ha iniziato un percorso d’autonomia con molte difficoltà e continue repressioni da parte del governo di Baghdad. Le elezioni del 1992 elessero il parlamento curdo, formato dai partiti del PUK e del PDK, che diedero vita al governo regionale del Kurdistan KRG. Nel 2003 vennero liberate le altre città del Kurdistan, che però a tutt’oggi non fanno parte legalmente del KRG.

Dopo la caduta di Saddam i curdi hanno preso parte attivamente alla vita politica irachena, e insieme alle altre forze politiche si sono impegnati a riscrivere la Costituzione per un Iraq Federale, Democratico e Unito (Costituzione votata dall’80% degli iracheni). Oggi il Kurdistan iracheno è libero ed autonomo, sta rinascendo, avviandosi ad un processo di stabilizzazione e di pace. Più di 80 imprese italiane stanno investendo e lavorando in Kurdistan, la gente ha ripreso la vita quasi normalmente. Nel 2006 la squadra di calcio di Arbil ha vinto la coppa dell’Iraq, per la prima volta nella storia irachena. In una gara in Germania il gruppo sinfonico di Sulemaniya si è classificato al primo posto. La gente non pensa più alla guerra, ma a come costruire una nuova vita serena e tranquilla, pensa alla ricostruzione e alla stabilizzazione del Kurdistan. Gli studenti del Kurdistan siriano ed iraniano, quando vengono allontanati in quanto curdi dalle loro università, si recano nel Kurdistan iracheno per proseguire gli studi. A tutti i curdi è permesso di permanere e studiare nel Kurdistan iracheno. Sono stati girati diversi film, tra cui l’ultimo, “Jani Gal”, ha partecipato anche al film festival di Roma nel 2006, ed è uscito nel febbraio del 2007 nelle sale italiane.

Sono più di mille i canali d’informazione e più di cinque i canali satellitari (fra cui Kurdsat, Kurdistan, Zagros, Nawroz e G.Kurdistan). Anche il turismo sia interno che esterno si è intensificato. Molti turisti visitano i meravigliosi paesaggi del Kurdistan, un posto completamente diverso dal resto dell’Iraq. La gente curda è socievole, accogliente e gentile. Il governo curdo lavora affinché il Kurdistan diventi il primo paese turistico e democratico del Medio Oriente. Oggi tutti quelli che scappano dal resto dell’Iraq si rifugiano nel Kurdistan. I rifugiati ricevono casa, lavoro e i minori vengono inseriti a scuola. Noi tutti ci auguriamo che la questione curda in Turchia, Siria e Iran venga risolta pacificamente e vengano riconosciuti a tutti i curdi i loro diritti, anche perché finché non si risolve la questione curda non si può avere pace nel Medio Oriente. Noi tutti ci auguriamo un Iraq federale e democratico. Una delle cose di fondamentale importanza per i curdi è l’articolo 140 della costituzione irachena, che prevede che verso la fine del 2007 ci sia un referendum per la provincia di Kirkuk e altre province curde, affinché ritornino legalmente e definitivamente al Kurdistan.

Hajar Khoshnaw è corrispondente in Italia di KurdsatTv, del sito PUKmedia e del giornale Kurdistani New