L’ingerenza del Vaticano e delle gerarchie ecclesiastiche, comandate dal Papa-Re, nella sfera politica e nella società civile italiana mina la laicità dello Stato quale fondamento della democrazia. «Senza laicità, la democrazia è una scatola vuota». Quando invece «Dio entra in politica» con la sua Verità assoluta – il Dio dei potenti, delle strutture ecclesiastiche vaticane che concentrano nella persona del Papa tutti i poteri, non il Dio della Chiesa dei poveri e delle comunità di base, dei teologi e dei preti-contro che sanno essere laici e cattolici insieme – «non c’è più posto per la laicità». E dunque l’Italia diventa Stato Vaticano, e l’ingerenza del Vaticano minaccia le fondamenta della democrazia per trasformarla – se le richieste della Chiesa fossero accettate e tradotte in pratica dalla schiera di atei devoti, teocon e «clericali alla riscossa» – in una teocrazia priva di laicità. È quanto scrive, nel suo saggio Italy, Vatican State (Fazi editore, 2010) il filosofo e saggista Michele Martelli, in un duro atto d’accusa nei confronti dell’ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche nello Stato italiano.
Chiesa e Stato rischiano di non essere più separati se quelle richieste, che partono proprio dall’ «ingresso di Dio nella sfera pubblica», venissero seguite: l’obiettivo, e il risultato, sarebbe quello di avere «uno Stato confessionale, clericale, ispirato e diretto dal magistero politico-religioso della Chiesa gerarchica. Il suicidio dello Stato laico!». L’autore ripercorre le encicliche prodotte, il contrasto fra il pensiero su cui si basano le fondamenta della laicità – Dante, Ockham, Marsilio, Galileo, Locke, Kant e via dicendo – e la costante opposizione della quale filosofi e pensatori sono stati oggetto da parte dei papi delle diverse epoche storiche. Scrive in una delle prima pagine del volume: «Che cosa è stata la Chiesa/Stato pontificio per l’Italia? Lasciamo rispondere per noi Machiavelli e Guicciardini: un flagello, la principale causa della nostra tradizionale frammentazione e divisione politica e della corruzione dei nostri costumi. E che cosa è stata invece per dissidenti, critici, liberi pensatori, razionalisti ed eretici d’Italia e d’Europa? Una terribile macchina repressiva, nera dispensatrice di infelicità e di morte. Ne sapevano qualcosa ebrei, catari, dolciniani, hussiti, valdesi, ugonotti, libertini, giansenisti e via angosciosamente enumerando. Quasi tutti sottoposti a scomuniche, espropri, torture, carceri, roghi, oppure sterminati con pogrom, stragi e massacri indiscriminati. Per opera di tribunali ecclesiastici e (in)civili, o di “eserciti crociati” e di sante “armate di Cristo”».
La Chiesa ha chiesto l’inserimento delle radici cristiane nella Costituzione dell’Europa ma l’autore elenca tutti i motivi per i quali la sua richiesta confligge con le radici laiche dell’Europa, dalla separazione dei poteri all’indipendenza fra Stato e Chiesa, dal primato della giurisdizione civile alla distinzione fra peccato e reato, dal principio di tolleranza alla libertà di scienza e filosofia al rispetto dei diritti umani. Usa l’espediente narrativo di riscrivere la Costituzione italiana sulla base dei dogmi vaticani per concludere che si avrebbe una teocrazia basata sull’articolo sintetizzatore «I governi e i parlamenti democraticamente eletti non possono legiferare contro la volontà di Dio». Non risparmia confronti con analoghe derive che si hanno con altre religioni a partire dall’applicazione della sharia nei paesi islamici. E sottolinea come l’offensiva principale della Chiesa vaticana sia scattata oggi a partire dalla bioetica: testamento biologico, eutanasia, aborto, fecondazione medicalmente assistita. Ricorda le vicende dell’attualità, dal mancato discorso di Papa Ratzinger all’Università la Sapienza al dibattito intorno al corpo di Eluana Englaro, ai casi di crimini commessi da parroci, pedofilia compresi, nei quali primario è stato il ricorso alla giurisdizione ecclesiastica e non a quella civile o penale.
Senza appello il giudizio dell’autore nei confronti di Papa Benedetto XVI, bollato come papa “laicofobo”: «Il programma del suo pontificato può essere riassunto in due precetti che riassumono la sua indiscutibile, teocratica “laicofobia”: 1) Non escludere Dio dalla sfera politica»; 2) Non cedere alle sirene del relativismo». A fronte di tutto questo, e a memoria di una classe dirigente che non sia succube del dettato vaticano, Martelli chiude il saggio con i «non possumus dei laici»: non possono rinunciare alla separazione di Stato e Chiesa, privilegiare una religione sulle altre, sostenere la trasformazione del peccato in reato, subordinare la ragione alla fede, adottare un’etica della Verità, accettare la privatizzazione di scuola e università pubblica, non difendere la democrazia liberale. Una serie di “non possumus” in difesa di un’Italia repubblicana, laica, autonoma nelle sue decisioni. In tempi di crisi morale del pontificato, di politica disorientata, di evocazione di valori mai condivisi, il volume può far indignare teocon e cattolici “non adulti” e difensori dell’autorità del Papa, ma punta i riflettori con accuratezza sulle tante ambiguità che l’adozione dei princìpi religiosi in uno Stato che dovrebbe trattare tutti alla pari porta con sé. Con un messaggio in questo caso centrato sul Vaticano, ma valido per tutte le forme di Stato confessionali che finiscono per negare le conquiste della modernità, fra le quali la libertà del pensiero e la convivenza di pensieri diversi in un quadro condiviso che tutti difende e nessuno privilegia.