Il libro è stato scritto dalla giornalista francese Catherine Barry, ed è condotto come un’intervista a domande aperte, nelle quali la scrittrice riepiloga alcuni degli aspetti fondamentali della vita delle donne nella società contemporanea, chiedendo poi al Dalai Lama quali risposte abbia il Buddismo di fronte a tali problemi. Fra un capitolo e l’altro, alcuni brevi cenni al rapporto fra il Dalai Lama e alcune donne: da sua madre e sua sorella a personaggi influenti del mondo della politica e della società, come Nancy Pelosi, Madre Teresa, Ségolène Royal. Chiude una breve cronologia del Tibet.
Dopo aver concluso il libro, ci si rende conto che, in realtà, lo spazio dedicato alle donne fra le affermazioni del leader tibetano è davvero minimo. Egli parla del ruolo della donna nel mondo e nel Buddismo, certamente, ma solo a margine di un discorso più ampio sulla dottrina filosofica di cui è guida, e che tanto successo ha riscosso in Occidente negli ultimi anni. Il punto principale su cui si concentra il monaco Premio Nobel per la Pace nel 1989 è che le donne incarnano due valori fondamentali del Buddismo: l’amore e la compassione. Questi devono essere alla base, secondo la dottrina tibetana, di tutti i rapporti umani e persino dei comportamenti sociali più ampi. Inoltre, in quanto madri, le donne hanno il dovere di insegnare ai propri figli a crescere secondo un’etica sana, e sono l’esempio da seguire per tutti gli esseri umani.
“Per sopravvivere in pace, l’umanità ha bisogno di quella compassione e di quell’amore che le madri manifestano naturalmente. Queste qualità sono intrinsecamente rappresentate meglio dalle donne che dagli uomini. È per questo che è giunto il momento che i valori femminili sostituiscano quelli maschili che dominano la nostra società da millenni. Le donne devono rivestire un ruolo sempre più ampio nelle nostre società, così da poter trasmettere la compassione non solo ai loro figli ma a tutta quanta la società. I politici devono attribuire alle donne ruoli influenti perché possano cominciare a costruire un futuro più solidale e meno violento”.
Certo, fa notare Barry, anche fra le diverse scuole del Buddismo ci sono visioni contrastanti del ruolo della donna, e nello stesso Tibet esse hanno una posizione sociale marginale. Il Dalai Lama non fa fatica ad ammetterlo, ribadendo però che negli insegnamenti del Budda uomini e donne sono considerati ugualmente in grado di “realizzare lo scopo ultimo, lo stato di budda”. E che, come in tutte le scuole di pensiero, le parole del maestro sono state filtrate, nel corso dei secoli, da culture maschiliste e violente. Spazio, dunque, alle donne, ai loro valori, alla maternità, per aiutare il mondo a ripudiare davvero la guerra e a vivere in armonia.
Per il resto, Lettera alle Donne parla delle regole fondamentali del Buddismo, del rapporto fra questa disciplina e le religioni tradizionali, del problema politico tibetano, insomma riprende in breve molti degli insegnamenti che il Dalai Lama è solito dare a tutti, uomini e donne. Insegnamenti utili e interessanti, certamente, ma nulla che possa davvero colpire la sensibilità femminile, né tantomeno scuotere quella mentalità maschilista e violenta che continua a regnare indisturbata, da Oriente a Occidente.