Halal by Coop, ora il supermercato è anche muslim-friendly
Sara Colantonio 8 febbraio 2010

Nel quartiere Casilino risiede la maggior parte dei musulmani presenti a Roma ed è questo il motivo che ha spinto la Unicoop Tirreno, presente nel territorio romano con sette punti vendita, a far partire il suo progetto nell’Ipercoop del quartiere: il 6 febbraio 2010 è stato così inaugurato lo spazio Halal, con lo slogan “Halal by Coop. La Coop sei anche tu”. Halal, “lecito”, è il termine arabo che definisce ciò che è permesso secondo la tradizione islamica in tutti i campi della vita del credente; nelle regole alimentari, per quanto riguarda la carne, certifica che si è eseguita la corretta macellazione, cioè il taglio netto della vena giugulare lasciando la corda spinale intatta ed assicurando il totale deflusso di sangue. Le carni, garantite dagli standard della filiera Coop, provengono da uno stabilimento di macellazione di Ravenna e sono lavorate in uno di Londa, vicino Firenze, dove sono seguite e certificate dagli Imam delle rispettive città.

L’esperimento era partito in maniera artigianale nella Coop di Colleferro (Roma) e in quella di Avenza, cittadina frazione di Carrara, in Toscana, dove i musulmani commissionavano ai macellai del supermercato carne correttamente lavorata per il loro uso privato. Una sinergia tra Unicoop Tirreno e la comunità islamica di Firenze ha ideato il progetto più ambizioso di creare un vero e proprio spazio Halal nel reparto macelleria di alcuni punti vendita; tra pochi giorni ne verrà inaugurato uno a Firenze ed un altro a Livorno e dopo qualche mese di sperimentazione si deciderà se estenderlo agli altri punti vendita. “Dietro questa scelta” – ci dice Paolo Bertini, responsabile relazioni esterne di Unicoop Tirreno – “non c’è solo business poiché non c’è dubbio che quello etnico sia un settore in crescita, ma c’è un valore simbolico; in Italia si vedono soltanto i contrasti, questo invece è un modo per conoscersi reciprocamente e quindi imparare a rispettarsi. Abbiamo affidato la comunicazione del progetto a Minareti.it perché volevamo vedere come la stessa comunità islamica pubblicizzasse la cosa. Ha disegnato il logo e tradotto i depliant in lingua araba. Con questa presentazione dell’iniziativa oggi facciamo l’ultimo miglio della corsa, quello più difficile, ma non per arrivare primi, ma per arrivare insieme alla comunità islamica”.

Gli risponde Khalid Chaouki, direttore del portale Minareti.it: “Questa iniziativa è un ottimo passo per favorire una vera integrazione positiva della comunità islamica nel tessuto sociale, culturale ed economico della società italiana. Un gesto importante di inclusione che rappresenta un nuovo tassello nel cammino di costruzione di un’Italia multietnica, caratterizzata da una pacifica e positiva convivenza tra persone di culture, lingue e religioni diverse”. “Vorrei che la certificazione Halal – prende la parola Mustapha Toumi, presidente dell’associazione islamica Amana, agenzia per il monitoraggio e assistenza delle attività halal, ed Imam di Ravenna – arrivasse su tutti gli articoli: biscotti, gelati, cereali, ecc. Penso ai nostri bambini che alla mensa della scuola non possono mangiare alcuni prodotti. I prodotti halal fanno bene a tutti, la carne ha meno batteri, si conserva meglio e più a lungo”. La stessa cosa che sostiene il testimonial dell’inaugurazione, il giornalista Idriss Sanneh: “Io sono un musulmano all’acqua di rose, lo ammetto, ma sinceramente io con questa carne mi sento più sicuro e secondo me è più buona”.

Durante la presentazione del progetto, oltre ai musulmani, sono molti gli italiani che si sono avvicinati al bancone, incuriositi hanno chiesto spiegazioni, osservavano attentamente la carne come se cercassero una differenza visiva con quella che comprano tutti i giorni. Molti commentavano l’assenza della carne di maiale, altri raffrontavano i prezzi e decidevano di comprarla per testare un’eventuale differenza di gusto. Non è mancata una polemica: un uomo ha inveito contro i rappresentanti dell’Unicoop Tirreno per aver offerto questo servizio a fedeli di una religione “non democratica”, “violenta” e “terrorista”. La speranza è che che questa iniziativa serva, appunto, a far superare questi pregiudizi.