Articolo originariamente pubblicato dal quotidiano Il Riformista il 5 agosto 2009.
“Io sono Lilith, la donna destino, i libri mi hanno scritta anche se non mi avete mai letta, il piacere sfrenato, la sposa ribelle e il compimento della lussuria.” Il ritorno di Lilith, Joumana Haddad, poetessa libanese.
Coperta da una tunica nera dalla testa ai piedi, le mani fasciate dentro guantini di pelle, solo gli occhi resi intensi dal kajal sono liberi di vivere. Il volto è fisso verso il marito che le è seduto davanti mentre dal suo spioncino si vedono due pupille agitarsi, viaggiano velocissime: a destra poi a sinistra, a sinistra poi a destra, tre, quattro, dieci volte, ritornano immobili solo quando è sicura che nessuno nel bar la stia guardando. Tutti sembrano intenti nelle loro faccende e solo allora Madiina, con un gesto veloce alza lateralmente una parte del velo. Una volta liberate le labbra, sorride al cameriere del bar. Il giorno seguente i due si danno appuntamento e fanno l’amore nella macchina del ragazzo: adulterio in pieno giorno che in Arabia saudita vuol dire lapidazione per la donna.
La storia mi è stata raccontata da un giovane scrittore libanese che sta lavorando al suo primo romanzo autobiografico sugli anni vissuti tra Riyad e Beirut. “Storie del genere sono abbastanza frequenti”, dice Lewaa, “nonostante l’Arabia Saudita sia la più grande prigione per le donne, loro trovano spesso delle piccole vie di fuga per esprimere la propria sessualità”. Come è successo a Maddina, spesso il sesso viene utilizzato dalle donne per impadronirisi della propria identità femminile, uno di quei viaggi che durano anni ma che da sempre, se intrapresi, terrorizzano gli uomini. D’altronde la letteratura araba è intrisa della paura paranoica della “insaziabile vagina” della donna “tre cose sono insaziabili” recita un proverbio arabo “il deserto, la tomba e la vagina di una donna”. Ricondurre questi comportamenti a una sorta di “femminismo alla maniera araba” forse non è corretto; queste donne non sanno niente nè della prima Convenzione sui diritti della donna in America nel 1848 alle Seneca Falls nè dei reggiseni lanciati in aria a Central Park quarant’anni fa.
E diciamo la verità, possono continuare a farne a meno. Ma l’esigenza di mostrarsi per quello che si è, quella sì che fa la differenza. Alla LBC, un canale libanese, sono andati in onda due servizi a distanza di poche settimane che raccontano dei desideri delle donne saudite. Nel primo veniva alla luce un fenomeno apparentemente molto diffuso nella culla del wahabismo, la corrente più estremista dell’Islam: gli spogliarelli via webcam. Il reportage era nato quando un giornale locale scrisse dell’aumento delle vendite di web cam da parte di donne tra i 20 e i 30 anni. Cosa ci facevano? La risposta ha fatto tremare il Paese: le ragazze, nell’intimità della propria camera, si esibiscono in strip tease, nascondendo solo il volto, per far piacere ai 300 uomini che ogni giorno le guardono incitatondole con messaggi via chat a non fermarsi e a scoprire tutto il corpo. La particolarità è che queste donne eseguono le loro performance gratuitamente. Quello che vogliono ottenere sono solo complimenti, “Sei bella” piuttosto che “sei sexy” o “mi ecciti” e avanti, finchè sfamate dai gradimenti arrivano a sfilarsi anche l’ultimo indumento.
“La spiegazione del fenomeno è semplice” spiega Samira al-Ghamadi, psicologa saudita intervistata dalla televisione libanese: “Se una donna è maltrattata e umiliata dal marito, non è sorprendente che una volta lontano da occhi indiscreti, cerchi su Internet quell’ammirazione che il marito chiaramente le nega”. Altra storia. Due giorni fa il signor Mazen Abdul di 32 anni, divorziato con tre figli, ha invitato nel suo pied-à-terre di Jeddah la troupe della televisione libanese. Da lì ha raccontato le sue avventure erotiche con giovani donne che conquistava con messaggini telefonici inviati via Bluetooth mentre era a bordo della sua decapottabile rosso fiammante o nei supermercati e che poi invitava nella sua alcova del sesso. Nel servizio, Mazen non ha lesinato particolari mostrando senza pudori alle telecamere l’ armadio dei giocattoli: vibratori e lubrificanti per tutti i gusti. La confessione erotica gli è però costata cara. Intercettato dalla polizia, da ieri Mazen è stato sbattuto in carcere. Seduttori e sedotte o viceversa non importa, in fin dei conti sono racconti su quella tentazione che nella Bibbia ha il nome di una donna: Lilith e la dice lunga su queste ragazze che, seppur mortificate dalla legge e dalla tradizione wahabita, non rinunciano a sussurare i propri desideri.