Come da tradizione, a scegliere il nuovo pontefice è stata la sorte. Un bambino bendato ha infatti pescato il suo nome da un’urna contente anche quello degli altri due finalisti, il vescovo Raphael e padre Rafael Ava Mina. Dopo la nomina di Pachimios, la Chiesa ha creato una commissione che ha avuto il compito di redigere un elenco di possibili successori di Shenouda III. Il santo sinodo riunitosi a fine novembre ha diffuso una lista ufficiale con i diciassette candidati — sette vescovi e dieci monaci — alla cattedra patriarcale. Un altro comitato ha invece avuto il compito di stilare l’elenco dei 2046 elettori che lunedì scorso hanno votato per selezionare i cinque finalisti rimasti in lizza. Oltre a una serie di vescovi, arcivescovi e membri delle diocesi, tra gli elettori – per regolamento sopra i trenta cinque anni- ci sono stati anche laici, membri del sindacato dei giornalisti, editori e direttori di giornali copti.
Questo complesso meccanismo per l’elezione risale al ‘57, anno in cui anche alla chiesa etiope – separatasi formalmente da quella egiziana nel ’59 – venne concesso di nominare cinque rappresentanti che prendessero parte all’elezione del pontefice copto. “La chiesa etiope ha tutti i diritti di partecipare a questa elezione perché quella egiziana interviene nella scelta del papa etiope” ha detto al quotidiano Al-Ahram il vescovo Paula, portavoce della chiesa copta. Inoltre, due delle otto urne ospitate nella cattedrale cairota di San Marco, nel quartiere di Abassya, sono state riservare agli elettori residenti all’estero. Alcuni sono arrivati in Egitto, altri hanno legalmente nominato delegati che vivono lungo il Nilo.
Anche se la competizione è stata silenziosa e priva di una campagna elettorale interna, non sono mancate alcune controversie. I religiosi critici di questo sistema di selezione hanno accusato il sacro Sinodo di optare per un sistema tutto sommato recente che è stato impiegato solo per la scelta degli ultimi due patriarchi, Cirillo VI, che ha governato la Chiesa copta dal ‘59 al ‘71, e Shenouda III che ne è stato al timone per gli ultimi quaranta’anni. Secondo il papa provvisorio, però, non era possibile cambiare il regolamento elettorale in un momento in cui la camera bassa del Parlamento egiziano è sciolta. Visto che sono molti coloro che ritengono che il sistema del sorteggio non abbia alcun fondamento legale o spirituale, Pachomios aveva però chiesto ai tre finalisti garanzie riguardo una futura riforma di questo processo di selezione.
È questa quindi la prima sfida che dovrà affrontare il successore di Shenouda III, un papa che nei suoi quarant’anni alla guida della Chiesa orientale è stato prima in contrasto con il regime, per poi divenirne amico. Nei primi anni 80 infatti, il pontefice si scontrò apertamente con l’allora presidente Anwar Al Sadat, accusandolo di non difendere la comunità dagli attacchi degli estremisti islamici. Sadat rispose esiliandolo nel deserto, nel monastero di Wadi Natrun. In aggiunta nominò un consiglio di vescovi come reggenti, ma questo non venne mai riconosciuto dalla comunità dei fedeli cristiani. In quadro cambiò tre anni dopo quando, nell’85, il nuovo raìs Hosni Mubarak liberò Shenouda III. Da allora i rapporti tra il regime e la Chiesa furono di reciproco appoggio.
È anche per questo che, secondo il vescovo della diocesi di Shubra, Markos, la grande sfida di Tawdros sarà quella di ridimensionare il ruolo del pontefice, rendendolo una figura soprattutto spirituale. È infatti in crescita il numero di quanti ritengono che la Chiesa deve rinunciare al suo potere temporale, visto che, politicamente parlando, non riesce a rappresentare tutti i suoi fedeli. In aggiunta, il vescovo del distretto centrale di Heliopolis, città satellite del Cairo, ha chiesto al nuovo papa di concentrarsi sulla riorganizzazione interna della chiesa, di rinvigorire l’apostolato e di includere sempre più laici in grado di apportare significative innovazioni tecnologiche.
Le sfide però non finiscono qui. Ascoltando il 10% degli egiziani di fede copta, il nuovo papa dovrà cercare di istituzionalizzare il dialogo con numerose organizzazioni laiche che, in linea con lo spirito della rivoluzione, vogliono essere più attivi e lottare per essere riconosciuti cittadini di serie A al pari della maggioranza di musulmani. Chiedendo al pontefice di decentralizzare la sua autorità, molti fedeli chiedono di poter parlare indipendentemente come liberi cittadini.
Infine, Tawdros dovrà anche affrontare la discussa questione del divorzio, ascoltando le richieste di quanti vogliono una legge sullo stato civile che non li discrimini dai musulmani. In Egitto, infatti, a regolare il matrimonio non sono leggi nazionali, ma norme legate alla religioni di appartenenza. Attualmente, i copti possono divorziare solo in caso di infedeltà, adulterio e apostasia. È anche per questo che ci sono cristiani che, per poter annullare il matrimonio, si convertono all’islam.
Se riuscisse ad affrontare con successo questo problema, il nuovo papa potrebbe contribuire a risolvere una delle questioni che è spesso causa di scontri settari.
Nell’immagine: San Cirillo d’Alessandria, ventiquattresimo papa copto